Conversazione con Gastone Pietrucci La Macina, a cura di Tullio Bugari. Aspettando l’ultimo appuntamento della rassegna Le Marche in Biblioteca, l’incontro con Francesco Scarabicchi e il suo libro Una città di scoglio, Breve viaggio ad Ancona, in programma giovedì 3 novembre alle 21.15 alla Biblioteca Planettiana di Jesi.
t.b.) Le Marche in Biblioteca. Una delle persone che seguito gli incontri, a proposito della tua partecipazione alla prima serata, ha commentato così sul nostro blog: “Bellissima serata, la cultura ufficiale (quella dei libri negli scaffali) che dialoga alla pari con quella popolare (canto della Pasquella)”. Tu interverrai di nuovo all’ultimo incontro, con Francesco Scarabicchi, e nel frattempo hai seguito anche gli altri tre incontri già svolti. Ti va di darci le tue impressioni generali su questa rassegna?
g.p.) Una rassegna interessante, tutta da seguire. Per me è stato facilissimo seguirla, perché praticamente me l’avete fatta… in casa (infatti abito proprio di fronte alla Biblioteca Planettiana). Inoltre “simpatico” ed anche interessante e non disturbante, la parte conviviale della degustazione dei vini, tra l’altro con produttori giovani, amanti del loro lavoro, della terra e della produzione del buon vino. Insomma una formula felice. I libri tutti interessanti, peccato che I matti del duce , non era disponibile (comunque sono riuscito a prenotarlo, ad acquistarlo e ad averlo proprio oggi. Spero e mi auguro che dopo questa bella e riuscita rassegna ne possano nascere delle altre. Contate sempre sulla nostra disponibilità.
t.b.) Tu hai dedicato moltissimo della tua passione alla ricerca delle nostre radici popolari, attraverso la strada della musica, mantenendole vie in mezzo a noi, e facendole dialogare e incontrare con ciò che di nuovo e genuino nel frattempo prendeva vita. Io ho l’impressione che una parte fondante, che definirei mitica, di queste nostre radici sia localizzata propio nelle zone montane dell’entroterra colpite in questi ultimi giorni dal terremoto, e che dunque ci sia un intero mondo a rischio. Qual è la tua percezione?
g.p.) Il mondo “popolare” è ormai a rischio, da tanti, troppi anni, il terremoto è arrivato ben ultimo. Già Pier Paolo Pasolini aveva denunciato la distruzione della civiltà contadina, naturalmente inascoltato, in questo “paese mancato”, dove tutto viene cancellato dall’gnoranza e dalla stupidità della nostra classe politica. Noi siamo un paese senza memoria, quindi un paese destinato a non avere un futuro.
Praticamente dopo gli anni cinquanta, un mondo, un’intera civiltà contadina, dopo secoli di vita, si è sgretolata ed annientata in pochissimo tempo. Con il risultato che quel mondo contadino non esiste più, inesorabilmente spazzato via, da molte cause e da profonde trasformazioni. Ad ogni modo, il contadino di una volta, poteva essere qualsiasi cosa, però nella sua “ignoranza”, aveva ancora qualcosa da affermare, magari anche solo il valore del pane, che poi non è altro che la natura, il rispetto della terra, del sacro, del necessario. Diceva Pasolini che “il vero genocidio avvenuto nel Novecento è stato quello dei contadini”. E se non c’è più il mondo contadino, non c’è più la terra, il rapporto con le stagioni, non c’è più la natura, non c’è più la radice biologica dell’appartenenza ad una cultura. E invece, come ha scritto Allì Caracciolo, in una delle sue spelndide poesie di Malincore, 1996 ” Noi veniamo dal ricordo dei tempi / carichi di promesse e di parole…”.
Il terremoto ha cencellato le notre case, i nostri magnifici centri storici, quindi parte della nostra storia, del nostro passato, ma l’ ignavia di questa assurda società del cosiddetto benessere, ci sta “affogando”, tra l’altro, in questi utili, ma terribili ed anestetizzanti telefonini, non ci fa più alzare più la testa, né guardare alto, ed io mi sento impotente di fronte a questo sfacelo fisico e morale, in perfetta sintonia con Enzo Siciliano, che nel 2005, scrisse questo tragico ed amaro frammento di poesia: “Poche parole, ma quelle giuste per far capire / il dolore di chi si sente vietato a nutrire speranze.” Non aggiungo altro.
t.b.) Volevo chiederti di parlarci delle esperienze di incontro tra la tua musica e i percorsi artistici e culturali di altri autori. Mi pare che questa ricerca dell’incontro sia una costante nella tua ricerca musicale e culturale; in particolare volevo chiederti come è nata e si è sviluppata la tua collaborazione con due importanti autori presenti in questa rassegna, Allì Caracciolo che hai accompagnato nella prima serata dedicata al libro “S’agli occhi credi”, e poi Francesco Scarabicchi, con cui sarai insieme al prossimo incontro.
g.p.) L’incontro tra musica popolare (diciamo la “mia” musica) ed i percorsi artistici e culturali con altri autori, è scaturito da un mio bisogno di spaziare, di collaborare, di contaminare il mio lavoro con altri artisti. La Macina l’ho formata nel 1968 e dopo una riproposta del canto popolare rigorosa e dopo l’incisione ben otto dischi, improvvisamente nel 1998 ho incontrato la grande indimenticabile Valeria Moriconi e con lei abbiamo costruito un Concerto-Spettacolo per il centenario della morte del grande studioso popolare dell’Ottocento, lo jesino Antonio Gianandrea. L’esperienza con Valeria è stata folgorante e “contagiosa”, perché da lì ho sentito proprio un bisogno “fisico” di incontrare e collaborare con altri artisti e con altri campi della musica. Ecco allora l’incontro con Rossana Casale, Giovanna Marini, Moni Ovadia, Riccardo Tesi, Federico Mondelci, Enzo Cucchi, Marco Poeta, i Gang, uno dei gruppi storici del rock italiano, con i quali abbiamo inciso uno dei più importanti cd Nel tempo ed oltre cantando (Premio “Tenco” 2004, come supergruppo italiano), sino all’esperienza con il jazz di Samuele Garofoli ed il suo quartetto con il quale abbiamo inciso Ramo di fiori, e la musica sinfonica con il maestro Stefano Campolucci ed il suo ensemble, con il quale stiamo registrando un nuovo cd, per dire soltanto di alcuni che ho incontrato nel mio percorso artistico.
Con Allì Caracciolo praticamente ci cerchevamo da diversi anni, finalmente nel 2000, ci siamo incontrati e dal nostro incontro è nata una grande collaborazione tra lei ed il suo straordinario Sperimentale Teatro A, che ancora continua e che tra l’altro ha prodotto uno degli spettacoli più sconvolgenti che La Macina abbia mai realizzato, quel Piange piange Maria povera donna..., una Sacra rappresentazione dove il canto popolare de La Macina incontra la grande recitazione degli attori, in un connubio di grande forza e di grande pathos.
Con Francesco Scarabicchi ci lega una grande stima reciproca, che ci ha portato a varie collaborazioni: la prima nel 2002, per un concerto omaggio a Luigi Tenco, L’espressione di un volto per caso, dal titolo del suo saggio scritto appositamente per lo spettacolo, dove lui era la voce narrante inframezzata dalle più belle e significative canzoni di Tenco, interpretate da La Macina. Poi dopo questo lavoro: La polvere si alza (Omaggio a Luigi Tenco-Piero Ciampi-Fabrizio De André).
Tra l’altro sia Allì Caracciolo, che Francesco Scarabicchi, hanno sempre accompagnato con le loro preziose prefazioni i nostri lavori discografici più importanti e significativi: nel primo volume della trilogia dell’ “Aedo malinconico ed ardente, fuoco ed acque di canto” , del 2002 e nel nostro ultimo lavoro, uscito proprio quest’anno ed edito dalla prestigiosa casa editrice romana, squi[libri], La Macina. Nel vivo di una lunga storia. Tra l’altro nell’incontro di domani sera (3 novembre) in occasione della presentazione del libro Una città di scoglio. Breve viaggio ad Ancona, io e Marco Gigli, interverremo interpretando tre poesie di Scarabicchi, musicate da La Macina, una delle quali scritta appositamente per noi, Nave che porti al niente. Per noi sarà un’emozione ulteriore, suonare e cantare queste tre splendide liriche, alla presenza dell’autore e dopo averne ascoltata la sua inimitabile, coinvolgente lettura, e sicuramente anche per tutto il pubblico che avrà la fortuna di assistere ad una simile ed unica performance!