Le Marche in Biblioteca: recensione di “Amazzone in tempo reale” di Loretta Emiri

37b2e238-b4e8-4349-92a3-f8df0f7ff439Giovedì 20 ottobre, ore 21.15, terzo incontro di LE MARCHE IN BIBLIOTECA, I Giovedì Letterari della Planettiana. Il libro della serata è “Amazzone in tempo reale” di Loretta Emiri (2013), Andrea Livi Editore (Fermo), con presentazione di Anabela Ferreira. Il libro ha ricevuto il Premio speciale della Giuria al PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA III Edizione, 2013, Sezione Saggi.

Una recensione di Rita Mascialino
(dal sito del Premio Frank Kafka Italia)

«Il saggio Amazzone in tempo reale di Loretta Emiri è dedicato agli indios amici dell’Autrice e ai popoli indigeni che ancora “esistono e resistono” in Brasile come scrive la stessa Emiri. Il titolo sottolinea come le vicende esposte siano quelle degne di un’Amazzone, di una donna guerriera per così dire e siano narrate in tempo reale, ossia siano fresche così da apparire pressoché contemporanee alla narrazione. E di fatto la narrazione si snoda rapida ed efficace, in grado di chiarire al meglio la storia di tali popoli all’epoca della presenza dell’Autrice con spaccati anche sul passato.

Nella presentazione di Anabela Cristina da Costa Silva Ferreira, docente di Lingua Portoghese presso l’Università di Bologna, Facoltà di Lingue e Letterature e Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori, è citato come epigrafe un brano della stessa Loretta Emiri che qui riportiamo ad introduzione della breve recensione del suo libro, un’epigrafe utile ad andare subito in medias res nello spirito dell’esperienza dell’Autrice, della personalità avventurosa e desiderosa di capire in profondità con cui ha vissuto tale esperienza: “Il viaggio, di cui l’attesa fa parte, è un’esperienza tra le più affascinanti. Mi piace arrivare con molto anticipo sull’orario di partenza. Mentre aspetto, faccio igiene mentale. Elimino pensieri legati al passato prossimo per fare spazio a quelli che con il cambiamento arriveranno” (p. 9).

È con questo spirito che l’Autrice ha narrato la sua esperienza dal 1977 al 1995 a Roraima, Brasile, tra gli indios Yanonami ed ulteriori etnie. Loretta Emiri mantiene la promessa, i fatti narrati pongono la realtà di questi popoli, pur necessariamente filtrata dall’humus culturale e dal background dell’Autrice, in primo piano nella loro realtà comprensiva di modi di pensare, di usi e costumi, di condizioni socio-politiche e culturali.

Il saggio è fornito anche di un glossario in appendice in cui sono chiariti alcuni termini portoghesi locali che non hanno vera e propria traduzione nella lingua italiana e che l’Autrice per questo ha preferito spiegare nel loro significato.

In 23 capitoli intitolati a popoli, luoghi, persone e comunque espressi in lingua locale, e in un’Appendice la Emiri descrive lo stato in cui vivono le popolazioni in questione, il loro sfruttamento nei cinque secoli precedenti operato dall’uomo bianco, soprattutto l’attuale sfruttamento operato ancora dall’uomo bianco ai loro danni, anche e soprattutto da parte di molte associazioni umanitarie che in realtà altro non fanno che opprimere questi popoli sfortunati invece che aiutarli a progredire. Compresa in questa critica senza veli di Loretta Emiri è anche la Chiesa la cui presenza non sempre risulta positiva per gli indigeni.

Ad esempio fra gli altri, il IV Tribunale Internazionale Bertrand Russel realizzato in Olanda a Rotterdam nel 1980 giudicò il governo brasiliano e l’Ordine dei Salesiani compreso il Vescovo Dom Miguel Alagna colpevoli addirittura di genocidio attuato attraverso la distruzione di basi fisiche di sussistenza e di etnocidio per aver tentato costantemente di distruggere la cultura locale, di cancellare le tradizioni locali, di osteggiare il mantenimento di usi e costumi fino anche a vietare l’uso delle lingue indigene (64-65), delle lingue madri. Si apprende sempre a proposito di questa condanna del IV Tribunale come, tra gli altri, il missionario salesiano Eduardo Lagório avesse ricevuto l’ordine di punire gli scolari che parlassero la loro lingua indigena e come coloro che lo facevano comunque per ovvi motivi di necessità fossero costretti a restare in classe durante la ricreazione a scrivere cento volte che non avrebbero mai più parlato la loro lingua madre, il tukano, ma solo il portoghese. Tra le altre denunce pervenute al Tribunale e verificate documentalmente nei fatti realmente occorsi ci sono quelle presentate dalle ragazze indigene.

Si legge nella Emiri: “(…) le suore salesiane incoraggiavano le giovani a trasferirsi a Manaus per lavorare come servette nelle case di militari e autorità. In cambio di una disponibilità che doveva essere totale, nella maggior parte dei casi erano ripagate solo con vitto, alloggio e abiti smessi. Nella maggior pare dei casi, le prestazioni includevano anche i rapporti sessuali a cui le costringevano i padroni di casa e loro figli e parenti. A causa del regime di semischiavitù cui erano sottoposte, della precaria situazione economica, dell’impreparazione ad affrontare la vita in città, nella maggior parte dei casi le ragazze finivano per rimanere incinte o si prostituivano. Ovviamente le suore erano al corrente della situazione ma fingevano di non sapere” (66-67).

Un saggio da leggere con attenzione, senza perdere una sola parola, quello di Loretta Emiri, il quale, tra le altre informazioni che dà sulla base di documenti e fatti verificati, fa anche luce su abusi di ogni sorta compiuti da coloro che in apparenza millantano, anche spesso coperti dal paravento della religione, spirito umanitario e sociale, ossia millantano di aiutare tali popolazioni sfortunate. Come sempre e ovunque, le donne sono la parte sociale che più viene sfruttata da vari cosiddetti benefattori, come bene mette in evidenza Loretta Emiri.»

http://lorettaemiri.blogspot.it

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