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Casa editrice: Cattedrale

“L’allucinazione”, di Luigi Di Ruscio

UnknownTitolo: L’allucinazione
Autore: Luigi Di Ruscio
Casa editrice: Cattedrale

Dalla nota di presentazione di Massimo Canalini: «La scrittura» ci viene detto a un certo punto di questo nuovo libro, «somiglia al sogno», così che «a volte siamo presi dal terrore per gli incubi da noi stessi prodotti, come fossimo in due». Subito dopo, Di Ruscio scrive: «Nel mio caso, di sottoscritti ce ne sono tre: il sottoscritto detto inconscio che programma l’incubo, il sottoscritto che osserva l’incubo, e il sottoscritto che si libera di tutto scrivendo».
Il «sogno» di cui qui si dice, o meglio l’allucinazione senza riposo che vibra in quest’opera anche scopertamente, e giustamente, di «fantascienza» – sia pure di quel particolare tipo in cui il romanziere si cimenta con l’ipotesi affascinante dei cosiddetti Mondi Paralleli – non riguarda più l’Italia del Palmiro, quando per strada «sfrecciava Coppi l’irraggiungibile macchina umana», ma l’Italia feroce e torpida dell’oggi, una sorta d’incubo in cui «tutto è vero e falso nello stesso tempo» – dalla politica in avaria ai lavavetri dell’Est; dai grandi funerali e rituali di stato in diretta tv alle molteplici, quotidiane persecuzioni qui e ora: i bei razzismi nei confronti dei più deboli, le ragazzette violentate, tutti gli espulsi i più poveri cacciati via, tutti i capri espiatori reali e potenziali e gli sbranati in guerra e tutte le vittime che, per forza di poesia, queste pagine ci rendono meglio capaci di distinguere, riconoscere.

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“Il viaggiatore residente”, di Alessandro Moscè

foto-mosce1TitoloIl viaggiatore residente
Autore: Alessandro Moscè
Casa editriceCattedrale

Che cos’è la residenzialità? “Risiedere in un luogo e andare in profondità, vuol dire concepire l’universale attraverso la concretezza”, dice ad un certo punto l’autore, citando Franco Scataglini.  E il viaggio, allora, in che consiste? “Intervistare la gente ed afferrare il passato, scrivere le storie”, scrive ancora l’autore, nel titolo di un paragrafo.
Come in un viaggio – un altroviaggio – incontra tante persone, che l’accompagnano per alcuni tratti. Una di queste è Mino, una specie di Virgilio custode dei boschi, o dei greti e delle penombre del Giano, il fiume di Fabriano. “Non hai età, Mino. Non sei mai diventato adulto” gli dice durante una delle immersioni in questi luoghi e nelle storie. E l’amico gli risponde: “Come questi scorci. Non ci accorgiamo che ci sono. Li vediamo ma non li notiamo. Ecco l’uomo senza età, c’è ma è come se non ci fosse.” E le storie in questi luoghi sono tante, si rincorrono con la loro aurea di fiaba o di leggenda, ed è proprio perché sono storie vere che sembrano impalpabili. La sommossa di Ruce del 1854, con la sua protagonista ricordata col nome di Lumachella, o La gallina dalle uova d’oro, del 1904 a Fabriano, e così via.

Il libro è ‘un breviario dell’Appennino’. Mi pare che lo stesso autore usi ad un certo punto questa espressione ma devo essere onesto, quasi mi confondo, non sono sicuro ora se a dirlo sia direttamente lui o qualche altro. Non è esattamente un racconto. E’ una raccolta di racconti, o forse è più esatto dire di frammenti che s’inseguono, annotazioni, di storie e di pensieri, come un girovagare tra i luoghi e tra le parole. “Il Viaggiatore residente di Alessandro Moscé è un’opera che difficilmente si lascia inquadrare all’interno di una definizione restrittivia di genere”, scrive Giulia Brecciaroli in una recensione sulla rivista online ARGO.

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