Attività

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Al via il “Corso di dizione e sviluppo della voce”

Mercoledì 20 ottobre 2021 presso i locali della Casa delle Donne in via Colocci 6 a Jesi, alle ore 18:00, prenderà il via con la prima lezione di prova gratuita, la quinta edizione del corso di Dizione e Sviluppo della Voce.

Il corso avrà una durata di 16 ore e consentirà ai partecipanti di perfezionare l’utilizzo della voce e migliorare la qualità delle proprie espressioni verbali secondo le regole di dizione e fonetica.

Dalle precedenti edizioni del corso di Dizione e Sviluppo della Voce è nato un gruppo di lettrici e lettori che promuove e partecipa ad eventi ed iniziative a carattere culturale del nostro territorio attraverso letture pubbliche – tra cui la partecipazione ogni anno alla rassegna Le Marche in Biblioteca alla Planettiana di Jesi – la messa in scena di brevi rappresentazionispettacoli teatrali e laboratori e altre iniziative, tra cui nel periodo del lock down e di chiusura delle scuole la produzione di video con la lettura delle “Favole al telefono” di Gianni Rodari.

Docente del corso sarà l’attrice e speaker radiofonica Maria Grazia Tiberi.
Arci Voce e Casa delle Donne invitano quanti sono interessati all’attività a partecipare alla lezione di prova gratuita, Mercoledì 20 ottobre alle ore 18.00 presso la Casa delle Donne in via Colocci 6 a Jesi. 

Informazioni: 366 2573870 (Arci Voce) – 366 4818366 (Casa delle Donne).

Un Primo Maggio anomalo: il lavoro che cambia.

di Ezio Bartocci
La ricorrenza del primo maggio, come le festività pasquali e del 25 aprile, quest’anno vedrà milioni di lavoratori costretti a casa ad interrogarsi sul come, quando e se potranno riprendere regolarmente il lavoro.
E’ bastato un virus micidiale per modificare radicalmente i rapporti della gente e bloccare il sistema produttivo delle maggiori potenze industriali della terra.
Osservo una dozzina di francobolli che ho avuto qualche anno fa da Alberto, il vecchio caro falegname, mentre apprezzavo a casa sua la serie completa denominata Italia al lavoro o Regioni d’Italia.
“Valgono poco!” – mi disse – “Prendi!, questi li ho doppi”.

Riguardandoli oggi, come allora, mi riportano ad un periodo dell’infanzia, quando quasi tutti i fanciulli d’Italia nati nel dopoguerra, me compreso, provavano a mettere insieme un personale illusorio tesoretto costituito da valori postali viaggiati e monete fuori corso.
I disegni mi fanno pensare innanzitutto al primo articolo della nostra Costituzione che recita: l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Non sul lavoro nero sottopagato e disonesto che fa arricchire chi non lavora; non c’è scritto ma dovrebbe essere sottinteso.
La serie utilizzata dal 1950 al 1958 si compone di 19 abbinamenti, quante le regioni d’Italia,
essendo Abruzzo e Molise ancora insieme.
Ogni singolo pezzo alterna un tipico lavoro agricolo o di artigianato tradizionale, ambientando sullo sfondo un monumento per far conoscere anche all’estero alcune attrattive italiane.
Nell’insieme si ha l’idea di una terra laboriosa, prevalentemente agricola e manifatturiera;
non certo una moderna nazione industriale.
L’Italia evolverà in fretta, dalla fine degli anni cinquanta in avanti, modificando la sua immagine e le sue abitudini col boom economico del ’60.
Il decantato benessere dato dal nuovo modello di sviluppo, per contro, acuiva la crisi di tantissimi artigiani costretti a chiuder bottega per ripiegare nel lavoro a catena delle fabbriche del nord, o all’estero.
I diversi soggetti della mia infima raccolta filatelica infantile, neanche la metà della serie, li avevo messi insieme svaporando pigramente qualche busta affrancata o facendomi comprare occasionalmente da mia madre certi cubetti gelatinosi di marmellata, molto pubblicizzata e accattivante per via dei francobolli abbinati alla confezione.
La composizione realistica, minuziosa, ma non forzata di ciascun esemplare è apprezzabile anche per le variazioni monocromatiche. Quale fosse il valore facciale di ciascun francobollo me lo faceva ritenere di maggior pregio rispetto a quasi tutti agli altri, specie quelli dozzinalissimi col volto dei sovrani, o del duce di profilo coll’elmetto e la mascella taurina.
La scelta del formato grande ha contribuito a valorizzare le composizioni scenografiche di Corrado Mezzana, rigoroso disegnatore e apprezzato scenografo romano.
L’Italia uscita a pezzi dalle vicende della guerra, ma finalmente libera dal giogo della dittatura aveva voglia di rifiorire presto. Per farlo doveva credere nel lavoro come valore fondante, nelle diverse risorse individuali, artistiche e materiali, tipiche degli italiani, oltre che nelle sue peculiarità geografiche e paesaggistiche.
Per prendere le distanze dall’immagine del passato regime fascista, dalla ridondanza di aquile svettanti, di soldati armati, motti retorici e bellicosi le Poste Italiane non potevano fare una scelta promozionale migliore.
La serie incornicia regione per regione entro uno stesso modulo, fornendo in sintesi
la visione di una nazione compatta, operosa e orgogliosa della sua tradizione abbinando eccellenti lavoratori e lavoratrici a opere esemplari di ogni epoca in ogni località.
In settant’anni le trasformazioni produttive ed esistenziali hanno determinato sostanziali cambiamenti della penisola e dei suoi abitanti.
Il consumismo, interpretato in genere come panacea, ha contribuito all’egoismo individuale facendo perdere la tradizionale ricerca dei rapporti di equilibrio per stare civilmente al mondo, rispettare il contesto generale e guardare tutti insieme al futuro.
Basti pensare all’incidenza progressiva dell’immondizia ( ‘a monnezza) ed ai conseguenti problemi igienici delle città (all’inquinamento, allo smaltimento delle montagne di rifiuti ed alle losche speculazioni di gente di malaffare).
La pandemia che ha colpito ovunque nei primi mesi dell’anno, e l’Italia più di altre nazioni, poteva essere evitata o essere meno disastrosa? Ci insegnerà qualcosa? E’ corretto paragonarla ad una guerra, come molti informatori ripetono; guerra disastrosa che non si sa quando finirà, quante saranno le vittime, quali le conseguenze dei blocchi, delle trasformazioni delle attività produttive e dei cambiamenti dei rapporti?
Durante la guerra, per sfuggire ai bombardamenti, banchiere e mendicante potevano trovarsi di fronte nei rifugi con lo stesso problema e per un po’ sentirsi alla pari. E se il mendicante aveva con sé una borraccia d’acqua, avendo più dell’altro poteva essere il più generoso, invertendo le parti ed accorciando eccezionalmente le distanze.
Ora no, i privilegiati possono continuare a beneficiare delle loro lussuose residenze con parco ed ogni comfort standosene ancor più alla larga dagli emarginati, dai poco o nullatenenti.

Se la ripresa sarà graduale in ogni settore e con effetti economici imprevedibili, quanti individui, seppure professionalmente eccellenti, facenti parte di categorie poco organizzate,
già segnate pesantemente da anni di crisi, avranno la possibilità di continuare a vivere del proprio lavoro? Non è il caso di azzardare previsioni, ma se il paragone con la guerra è lecito, cessato il pericolo del Covid, com’è riuscita l’Italia postbellica a risollevarsi dal disastro con l’impegno di tutti, grazie anche all’umanità ed alla generosità dei più sensibili bisogna sperare in un virus altruistico contagioso: i francobolli di Alberto, quel suo di più, sono un esempio.
Quanti hanno già infinitamente più del necessario e stando alla sequenza di Fibonacci avranno esponenzialmente sempre di più fino a perdere il conto? Quanti si dimostreranno capaci da mettere in circolo parte dei loro surplus, non attraverso elemosine ma fornendo maggiori e migliori opportunità di lavoro ad altri?
Nei francobolli che ho descritto e riprodotto figurano in secondo piano o sullo sfondo opere architettoniche esemplari, identificative dei luoghi dove sono sorte.
Per le Marche c’è il Palazzo ducale di Urbino, creazione originalissima di Luciano Laurana coi suoi inconfondibili torrioncini racchiudenti i balconi sovrapposti.
Un palazzo equilibratissimo con scalinate agevoli e saloni dove non c’è un dettaglio casuale o raffazzonato, a dimostrazione che insieme ai grandi artisti hanno contribuito allo splendore della residenza una moltitudine di abili artigiani padroni dei loro mestieri.
Chiunque visitandolo anche a centinaia d’anni di distanza, apprezzando i risultati dell’impresa, tutto potrà dire del Duca meno che abbia dilapidato frivolmente le sue sostanze.
I dipinti commissionati, i marmi scolpiti, le tarsie dello studiolo come lo splendore della biblioteca ed ogni singolo volume manoscritto e miniato, così un mobile, un arazzo, un servizio da tavola; qualunque opera realizzata per lui e la sua corte, ovunque si trovi oggi è ammirata come o più di allora. Ogni espressione d’arte, d’alto artigianato e d’ingegno in genere, attesta in ogni epoca la volontà di non accontentarsi di fare per avere ma di provare a fare al meglio per dare; questo avviene tanto più quando chi ha i mezzi economici o le possibilità decisionali ha la sensibilità e la cultura per credere nel proprio contemporaneo.

Post Scriptum di Tullio Bugari.
Nei 19 francobolli della serie ” Italia al lavoro”, in parte riprodotti, sono sette le donne protagoniste; una percentuale inferiore rispetto alla rappresentanza maschile, ma ben più alta se paragonata alla quota di donne elette nell’assemblea costituente!
In quanto ai lavori che le donne rappresentano nei francobolli, beh, possiamo notare la raccoglitrice di olive, quella di arance, di uva, ci sono poi anche donne al telaio e al tombolo. Non mancano sullo sfondo nemmeno per loro, è vero, come evidenzia Bartocci soffermandosi per le Marche sul Palazzo ducale di Urbino, vedute architettoniche della nostra storia, da Castel Del Monte all’Abbazia di Pomposa.
Attira però la mia curiosità la donna del Friuli alle prese con il granoturco: m’è capitato di leggere testimonianze proprio di quegli anni, dalla pianura friulana del Cormor, di come utilizzando le foglie delle pannocchie riuscissero a ricavare un po’ di tutto, anche borse o cinture, esistevano anche laboratori artigianali, per raggranellare un po’ di reddito (ma dev’essere stato come per i francobolli che Alberto regalò ad Ezio: valgono poco!), ma tanto era nelle famiglie di contadini senza terra. Quando il lavoro, appunto, scarseggia.
Ma come le immagini proposte dai francobolli, quei tempi sono lontani.
Volendo allegare un’immagine meno romantica Ezio mi ha suggerito quella di una sua copertina del ’95 che eseguì per un numero di Prisma i cui articoli centrali si occupavano di Pari opportunità in generale, non solo la superficialità del lavoro. La donna nel cartello dei lavori in corso, già allora, quando me la propose, mi sembrò subito una buona provocazione. Trasmetteva e trasmette ironia. Richiama l’attenzione, rivendica un ruolo attivo fuori dai canoni. Poteva o potrebbe essere un francobollo originale per il Primo Maggio, ho pensato per un attimo, ma oramai la posta tradizionale è quasi un ricordo: i francobolli sono un genere in disuso e se qualcuno dovesse usarli oggi, guai ad applicarli come facevamo abitualmente!

(Italia al lavoro, la serie completa).

Ex Edicola: una mostra oltre la mostra di Ezio Bartocci

Dal 24 giugno al 5 agosto, a Cupramontana (An), piazza Cavour 3
aperto da giovedì a domenica, dalle ore 18.00 alle 20.30
(per appuntamento: 3488731240)

«Il falegname doveva conoscere il mestiere e le varietà dei legni, scegliendo di volta in volta quelli più adatti e ben stagionati»; la presentazione della mostra è a cura di Ezio Bartocci

Dopo le ricorrenti scosse del terremoto dell’altr’anno, osservando le crepe nello studio che prima non c’erano o erano quasi impercettibili ad occhio nudo, o confrontando qualche riparazione poco riuscita di miei lavori caduti a terra con altre quasi impercettibili ho preso l’abitudine d’osservare opere e manufatti segnati dal tempo: dal disinteresse, da trasformazioni deprecabili o da sapienti restauri.
A prescindere dal valore artistico o storico dell’oggetto osservato, valutando il suo stato, conoscendo un po’ della sua vita non di rado mi trovo a riflettere sui diversi rapporti degli uomini con le cose, sulle incidenze negative o sulle fortunate coincidenze dei passaggi.

Avviene  così anche per le parole. La loro definizione ed il loro significato assumono aspetti e valenze diversi a seconda dei contesti  e delle epoche di utilizzo. Mostra è una di queste: per noi esposizione, per i nostri nonni vetrina.  Ancora più estraniante il termine “edicola”, tempietto per gli antichi, rivendita di giornali per gli utilizzatori più contemporanei. Eppure un punto di contatto c’è e non è sorprendente: così una cornice esterna di un negozio è ” la mostra” ed una barbieria  dove si vendono anche i giornali è al tempo stesso” l’edicola”.

La mostra dell’ex edicola è integra nonostante i lunghi anni trascorsi da quando Ezio Bartocci, un abile falegname del luogo, nel 1930 la eseguì a regola d’arte per collocarla dov’è.
La struttura massiccia e di notevoli dimensioni non ha subito modifiche se non nella cimasa,  dove la testata del quotidiano “il Resto del Carlino” ha sostituito l’originale “Barbieria” quando Domenico Sandroni, figlio d’arte ed uomo ingegnoso, vedendo fiorire in piazza la concorrenza, decise di abbinare all’attività di famiglia la vendita di quotidiani, giornalini, ecc., continuando così fino a tarda età.

l’Edicola negli anni Cinquanta

L’immobile disabitato e messo in vendita già da alcuni anni, comprendente l’ex edicola, finalmente è stato acquistato nel 2010 dall’amico Riccardo Cardarelli che lo ha salvato dall’ulteriore degrado, o da trasformazioni infelici, restaurandolo da capo a piedi non per fini speculativi ma per viverci, valorizzando ogni ambiente ed adattandolo alle proprie esigenze.
La casa terrazzata è arroccata come un fortino su più piani nel cuore di Cupramontana; ha due ingressi, uno prospicente “la spiazzetta”, in via Nazario Sauro, e questo di cui parlo (con la vetrina in legno) situato al numero 3 di Piazza Cavour, col Palazzo Comunale a sinistra di chi guarda ed il Bar Ruggero a destra.
Il centro di Cupra come dicono gli abitanti “ancora regge” nonostante il perdurare della crisi;
gli esercizi commerciali, gli uffici ed i bar continuano a esser frequentati anche per la consuetudine di usare la circonvallazione come luogo d’incontro, alla pari di una Piazza allungata, un circolo aperto a tutti.

Di Ezio Bartocci, il falegname mio omonimo, nonché mio nonno, non so quasi nulla.
Non ho avuto modo di conoscerlo, né posso descrivere il suo volto non avendo mai visto una sua foto tra quelle di  famiglia.
L’unico suo ritratto fotografico sembra fosse appeso nella locale sezione del Partito Repubblicano.
Un vecchio del paese qualche decennio fa sentendo il mio nome e collegandolo a quello di mio nonno me lo descrisse brevemente, con piacere, ritraendolo come un uomo possente, di statura superiore alla media, un antifascista tenace assertore delle sue idee che non si è lasciato addomesticare dal regime.  Anche nonna Serafina, di cui ho un vago ricordo, era repubblicana ed anticlericale, una donna minuta, energica e di poche parole, abile ad impagliare le sedie.
Ezio è deceduto nel ’46, mentre io ho aperto gli occhi nel ’48.
In qualità di primo nipote maschio, in segno di ricordo e di rinnovamento (come s’usava allora) m’hanno dato il suo nome.
Nonno aveva trasmesso il mestiere a zio Elvio ed a mio padre Giovanni; di cui  conservo un  cavallo a dondolo che aveva spacciato ai miei cinque anni come dono della Befana.

L’immobile ristrutturato oggi

Il falegname doveva conoscere il mestiere e le varietà dei legni, scegliendo di volta in volta quelli più adatti e ben stagionati.
Di mostre in massello, contrassegnate dalle rispettive insegne decorate a mano, in paese ce n’erano quante gli esercizi più rappresentativi, come testimoniano alcune vecchie foto.
A partire dagli anni ’60 in poi, mutando le abitudini, cambiando le gestioni e le proprietà degli esercizi, la maggior parte delle mostre storiche sono state sostituite da quelle metalliche, più squadrate, luminose e pratiche in quanto a manutenzione.
Con la loro progressiva scomparsa, i nostri centri storici hanno perso parte del loro aspetto caratteristico ed un po’ del loro rigore architettonico.
Tra le vetrine eseguite a Cupra da Ezio Barocci, oltre alla suddetta, di cui sono venuto a conoscenza solo di recente, rimane quella dell’Ottica, ossia la mostra dell’ex Oreficeria Uncini, al lato opposto della strada.
Altri suoi lavori non saprei indicare se non qualche campione di cornice per la vetrina delle vecchie Poste.
Durante il restauro interno della casa, della facciata e della mostra in legno, parlando con Riccardo di un eventuale utilizzo dello spazio a pian terreno, per presentare occasionalmente un’edizione fuori commercio o una piccola mostra, abbiamo pensato di unire alla denominazione “Ex edicola” una composizione grafica con parti di logotipi di alcune testate ed alcuni personaggi dei fumetti in voga negli anni della nostra adolescenza; questa insegna ha preso il posto della testata del Carlino che molti cuprensi ancora ricordano, mentre col passar del tempo solo pochi hanno in mente le poltrone da barbiere, gli specchi, gli espositori da banco coi quotidiani, i giornalini e le riviste illustrate che da Sandroni, meglio noto come “Dome’ de Brodolacciu”, odoravano un po’ di dopobarba spruzzato a mano, o di Proraso.

In questa prima edizione marcata Ex edicola, figura qualche foto della casa dopo il restauro con alcuni miei lavori alle pareti ed altri esposti a pian terreno per l’occasione.
Anziché descrivere le opere esposte, diversamente documentate in mostra, ho preferito soffermarmi sull’imponente struttura in legno che è stata porta d’accesso e vetrina di un esercizio storico e costituisce un aspetto non marginale del restauro della casa.
Ritengo da sempre che molti manufatti anonimi, ma significativi, andrebbero maggiormente considerati essendo parti della nostra storia e della nostra cultura fatta di tante tessere che compongono un’eredità da non sottovalutare.

La mostra di Ezio Bartocci senior datata 1930, che caratterizza questo spazio da quasi novant’anni, riverniciata, ben lubrificata e non più anonima segnala questa edizione curata da Ezio Bartocci junior presentata in occasione della esposizione all’Ex edicola: un curioso  collegamento tra generazioni e “mostre”.

“Le Marche in Biblioteca”: i giovedì letterari della Planettiana di Jesi

manifesto

Associazione culturale Altrovïaggio
Associazione culturale Licenze Poetiche
Comune di Jesi – Assessorato alla Cultura – Biblioteca Planettiana

LE MARCHE IN BIBLIOTECA
I Giovedì letterari della Planettiana di Jesi
Dalle ore 21.15, conversazioni con gli autori, interventi musicali, letture, degustazioni

  • 6 ottobre: S’agli occhi credi – Le Marche dell’arte nello sguardo dei poeti, a cura di Cristina Babino, Vydia editore
  • 13 ottobre: Angeli a Sarajevo, di Maria Grazia Maiorino, Gwynplaine edizioni
  • 20 ottobre: Amazzone in tempo reale, di Loretta Emiri, Andrea Livi editore
  • 27 ottobre: I matti del duce, di Matteo Petracci, Donzelli editore
  • 3 novembre: Una città di scoglio, di Francesco Scarabicchi, Affinità elettive

Conversazione con gli autori, interventi musicali, letture dai libri, degustazione di vini

La rassegna è organizzata grazie a un contributo del Comune di Jesi.

Partecipano all’iniziativa: La Macina, Scuola musicale Pergolesi, Viaggi & Miraggi, ArciVoce, gli editori dei libri, le aziende vinicole: La Distesa, Col di Corte, La Staffa, Ca’Liptra, Pievalta.

Info:

info@altroviaggio.org

www.bibliotecaplanettiana.it

planettiana@comune.jesi.an.it

 

Circolo di Lettura (martedì 27 settembre ore 21.15)

VolantinoLettura

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 STUZZICHIAMO LA LETTURA
LA LETTERATURA MEDIO ORIENTALE CONTEMPORANEA

Circolo di lettura secondo anno (2016/2017). Si riprende. Martedì 27 settembre ci vediamo alle 21.15 alla Biblioteca Planettiana di Jesi, alla Salara, piano terra. Chiunque sia interessato può venire.
In questo primo incontro spiegheremo ai lettori che vengono per la prima volta come funziona il circolo di lettura, sceglieremo insieme i libri da condividere nell’anno, ci accorderemo per le date degli incontri mensili da ottobre a maggio e… partiremo di nuovo insieme per questo percorso di letture condivise.
Il viaggio dello scorso anno nella letteratura americana del Novecento è stato molto coinvolgente, e ha fatto nascere il desiderio di proseguire l’esperienza.
Quindi eccoci di nuovo pronti a fare i bagagli. Il tema di quest’anno è LA LETTERATURA MEDIO ORIENTALE CONTEMPORANEA, così varia, articolata, ricca, geograficamente vicina e spesso intrecciata a noi, ma resa più attuale purtroppo dalle situazioni di guerra e delle tragedie che toccano diversi di questi paesi.
Non aspetta a un circolo di lettura affrontare i nodi sociali o politici di tali tragedie, il nostro compito semmai è di stuzzicare le curiosità e tenere alta l’attenzione verso produzioni culturali e letterarie ricche, stimolanti, risultato di storie impegni e tradizioni diverse dalla nostra e diverse anche tra loro, di più aree linguistiche e culturali.
Nacque in queste terre la prima scrittura al mondo e il primo poema, più di quattro mila anni fa, l’epopea di Gilgamesh, e nacque qui Le mille e una notte, il contenitore di ogni imaginazione, e tanti poeti e autori in ogni epoca.
Affronteremo questo universo attraverso lo sguardo e le parole di alcuni autori contemporanei, sospesi tra le loro storie millenarie e questo oggi che dilaga ovunque, e ne ricaveremo sicuramente stimoli preziosi per noi, domande, ci capiterà talvolta di sentirci spiazzati e altre di scoprire condivisioni non immaginate. Condivideremo tutte queste emozioni tra di noi, attraverso le letture che faremo.

Gli incontri sono condotti da Alessandro Seri, poeta e scrittore, presidente di ADAM, Accademia delle Arti di Macerata. La partecipazione è libera, chi è interessato è pregato di comunicarlo a:
planettiana@comune.jesi.an.it – tel. 0731/538346 (ore 8,00-14,00)
info@altroviaggio.org – tel. 328 1967178

“Non posso perdonare così, con leggerezza.”

izbjeglice-rifugiati-cover«E’ molto difficile avere rapporti con loro. Io non vado a cercare nessuno e mi reco giù in paese solo quando devo andare alla fontana a prendere l’acqua. Allora capita anche che qualcuno di loro si avvicina e mi insulta pesantemente, vuole provocarmi ma io non reagisco, non voglio e non posso reagire, rispondo come se nulla fosse: “buongiorno, io sto bene, grazie”, non faccio capire che mi disturba la sua provocazione anche se dentro mi sento scoppiare. Questi che fanno così mi fanno ridere, sono dei poveri. Ma non sono tutti così. Succede anche che alcuni vengono qui a casa mia. Sono persone che prima della guerra erano amici o vicini di casa. Ora vengono qui e io, anche se non li gradisco, non posso cacciarli da casa mia, devo riceverli. Si mettono seduti, io preparo il caffè e loro stanno qui, parlano di fatti privati, chiedono cosa fai, come stai, cosa è successo, e basta. Si parla esclusivamente del più e del meno. Non capisco bene perché vengano. Non lo fanno con arroganza. Chiacchierano, stanno un po’ e poi se ne vanno. Non c’è nessuna amicizia, i rapporti sono freddi. Io li caccerei via volentieri da casa mia ma non posso farlo, devo dimostrare che li accetto, anche se conosco quello che hanno fatto durante la guerra e come si sono comportati ad esempio con mio marito, i torti che gli hanno fatto subire ma non posso fare niente per dire loro queste cose. Devo solo stare zitta, aspettare che bevano il caffè e se ne vadano via. Mi raccontano favole, dicono: “non è colpa nostra, siamo stati costretti a fare la guerra con la forza, noi non volevamo”. Forse cercano un perdono questi che vengono qui a casa mia a bere il caffè, ma io non posso perdonare così, con leggerezza.»

Le guerre, tutte le guerre, non sono come un temporale, che dopo ritorna tutto come prima; nulla è mai uguale a prima, c’è sempre una realtà nuova, fatta di lecerazioni, con cui fare i conti; la memoria è questo.

Dal libro “Izbjeglice/Rifugiati, storie di gente della ex-Jugoslavia” di Giacomo Scattolini e Tullio Bugari, con un racconto di Predragć Matvejević

Buone feste da Altrovïaggio: in omaggio le “Operette morali” di Giacomo Leopardi

“Libro dei sogni poetici, d’invenzione e di capricci malinconici”

Il 12 marzo del 1826 Giacomo Leopardi scriveva all’editore Stella: “In quel manoscritto consiste, si può dire, il frutto della mia vita finora passata, e io l’ho più caro dei miei occhi”. Le Operette morali, scrive Antonio Prete, “come irridono, nel titolo, all’idea di opera, così si sottraggono agli statuti di un qualsivoglia genere”, e ancora “Sui modi del comico…trascorre l’onda di un pensiero tragico”, mentre per Paolo Ruffilli sono il “il testo limite della nostra letteratura non soltanto ottocentesca: luogo di coincidenza di poesia e di prosa, di fantasia e di ragionamento, di invenzione e di lucida analisi del reale”. Classificato come proibito al tempo sia dalla censura civile che ecclesiastica, tanto da dover essere confinato, nella stessa biblioteca di casa Leopardi, sullo scaffale dei Libri proibiti (tutt’ora “protetto” da una grata), viene composto quando il poeta marchigiano “ha già vissuto, nella lingua della poesia e dell’interrogazione teoretica, l’esperienza di un pensiero che ama i confini, le sfide della conoscenza, le domande ultime, e non si acquieta in nessuna risposta rassicurante” (A. Prete). Pietro Citati ha scritto: “Non ci sono formule e definizioni capaci di contenere un libro vastissimo come le Operette morali”, che va dalla critica della restaurazione, di ogni forma di restaurazione e di conformismo, all’indagine sulla natura, sulla sua prossimità e indifferenza, dallo sguardo sulla materia, sul suo circuito perpetuo di produzione e distruzione, al pensiero della finitudine, dell’irreversibile, del limite.

Per tutti questi motivi e non solo, le Operette morali sono il regalo scelto da barnabooks e Altrovïaggio per questo Natale 2015, con un piccolo ebook separato per ogni singolo componimento di Leopardi. Si parte subito con Storia del genere umano, “rappresentazione dell’origine” e “riscrittura profana del libro della Genesi”.

OPERETTE MORALI

  1. Storia del genere umano
  2. Dialogo d’Ercole e di Atlante
  3. Dialogo della Moda e della Morte
  4. Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Sillografi
  5. Dialogo di un folletto e di uno gnomo
  6. Dialogo di Malambruno e di Farfarello
  7. Dialogo della Natura e di un’Anima
  8. Dialogo della Terra e della Luna
  9. La scommessa di Prometeo
  10. Dialogo di un fisico e di un metafisico
  11. Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare
  12. Dialogo della Natura e di un Islandese
  13. Il Parini, ovvero della gloria
  14. Dialogo di Federico Ruysch e delle sue Mummie
  15. Detti memorabili di Filippo Ottonieri
  16. Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Guitierrez
  17. Elogio degli uccelli
  18. Cantico del gallo silvestre
  19. Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco
  20. Dialogo di Timandro e di Eleandro
  21. Il Copernico
  22. Dialogo di Plotino e Porfirio
  23. Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere
  24. Dialogo di Tristano e di un amico

Buone feste e buone letture, le nostre proposte

nataleAltrovïaggio sarà presente al mercatino solidale delle associazioni promosso dalla Consulta della pace del Comune di Jesi, che si terrà dal 21 al 24 dicembre, presso il Palazzo dei Convevgni di Jesi.  L’elenco dei libri che proponiamo è consultabile sul nostro blog, alla pagina i libri di Altrovïaggio.

Anche quest’anno l’intento è di presentare libri di piccole case editrici, che vogliamo contribuire a promuovere, specializzate e poco presenti normalmente nelle librerie o che comunque rischiano di perdersi all’attenzione quando non sono sostenute dai mezzi della “grande editoria e grande distribuzione”. Cerchiamo di dare il nostro piccolo contributo.

Sul nostro tavolo troverete innanzitutto una dozzina di opere della letteratura palestinese o di altri paesi orientali, pubblicati dalle Edizioni Q, tra i quali l’antologia curata da Simone Sibilio “Nakba, la memoria letteraria della catastrofe palestinese”, opere degli autori palestinesi Mahmud Shukair, Salman Natur, Samira Azzam, Jamal Bonnura, Mahmud Darvish, Ahmad Rafiq Awad e del poeta palestinese Ibrahim Nasrallah. La poesia è presente anche con il poeta libanese Talal Haidar. L’antologia “Vita da donna” curata da Daniela Bredi propone alcuni racconti di scrittrici indiane, tradotti tradotti direttamente dall’urdu all’italiano e scelti con lo scopo di dare un’idea della condizione femminile in India e in Pakistan nel ’900. “I giorni ebbri” è una piece dello scrittore siriano Sa‘dallah Wannu.

Sono poi presenti alcuni libri di autori della regione o comunque editi da piccoli editori della nostra regione. Innanzittuo riproponiamo il libro di Loretta Emiri “Amazzone in tempo reale”, di recente presentato alla Casa delle Culture di Jesi; seguono poi libri di Gwynplaine edizioni, tra cui “L’america dei fari” di Maria Grazia Maiorino, “L’idea degli antenati. Poesia del Black Power” a cura di Joyce Lussu e altri. Alcuni testi con le Marche al centro li troviamo nel gruppo di libri di Vydia editore, con l’antologia “Femminile plurale” curata da Cristina Babino, accanto a “Fil rouge” di Alessandro Seri e altri testi ancora, o dell’editore anconetano Affinità elettive, con “Quel giorno fatidico” di Luana Trapè e Mario Dondero e altri volumi.

Sono inoltre presenti in questa varia raccolta, alcuni testi dedicati all’alimentazione naturale, all’agricoltura e alle tradizioni, alcuni dei quali abbiamo avuto modo di recensirli, come “Alle origini” di Monica Vincenzi e Lugi Casa e “Cascina Nocevento” di Gioacchino Allasia, entrambi di Infinito edizioni, di cui abbiamo sull’argomento anche altri testi, e inoltre “Contadini sulla strada” di Fabrizio Bottari, dell’editore Pentagora, di cui ugualmente abbiamo anche ulteriori testi da proporre.

Infine, alcuni testi del riminese faraeditore, con romanzi e antologie di racconti vincitori di recente di premi letterari, tra i quali ad esempio “Antipsichaitria galattica” di Claudio Roncarati.

L’elenco completo dei libri che proponiamo è consultabile alla nostra pagina I libri di Altrovïaggio, con un’immagine della copertina e una sintetica scheda descrittiva. Chi è interessato puà venirci a trovare al Palazzo dei Convegni di Jesi in corso Matteotti, dal 21 al 24 dicembre, al mercatino solidale delle associazioni; se volete che vi mettiamo da parte alcuni libri, scriveteci all’inidirizzo: info@altroviaggio.org e poi venite a trovarci ai mercatini.

Infine, vi ricordiamo le nostre prime proposte in formato ebook, di libri oramai fuori distribuzione oppure che hanno difficoltà ad essere distribuiti normalmente in libreria; potete trovare “Izbjeglice, storie di gente di ex-Jugoslavia” di Tullio Bugari e Giacomo Scattolini, con un racconto di Predrag Metvejevic, puublicao la prima volta nel 1999, e poi due titoli del giovane autore e reporte Matthias Canapini, “Verso est, appunti di viaggio” e “TAV: diario dalla Valsusa”. Potete consultarli sulla nostra pagina BARNABOOKS, insieme alle informazioni su come scaricarli e leggerli in formato epub.

Sabato 21 novembre incontro con Loretta Emiri, autrice di “Amazzone in tempo reale”

Altrovïaggio e le associazioni Arci “Casa delle Culture” e “Shambhala” organizzano, sabato 21 alle ore 17.30 presso la sede della casa delle Culture in via Colocci 6, un incontro con la scrittrice Loretta Emiri per presentare il suo libro Amazzone in tempo reale, vincitore nel 2013 del premio Kafka per la saggistica.

Amazzone

2 Ruote di Resistenza (#2RR), quando il viaggio è già parte dello spettacolo

11891148_941133012592034_6029986054977320111_n2 Ruote di Resistenza (#2RR), sabato 29 agosto, una serata che nasce dall’intreccio di amicizie e cammini, con punti in comune fatti di racconti e domande raccolte lungo il cammino, da scambiarsi, e tanti altri punti di partenza da reinventare e da cui proseguire. #2RR è un progetto itinerante e cicloviaggiante; si legge sulla pagina FB  e sul loro blog che “nasce dall’esigenza di riannodare i fili di un territorio sempre più drammaticamente abbandonato. Di scoprire di prima mano e poi raccontare la storia e le storie di un paese lungo che, al di fuori delle grandi città, è ancora pressoché sconosciuto.”

Così ecco che nel 2014 i due cicloviaggiatori Nica Mammì e Daniele Contardo si mettono ai pedali e attraversano l’Italia da nord e sud, viaggiando lenti, trovando ospitalità spesso neanche immaginate prima, raccogliendo storie. Portando con sé “un bagaglio leggero, fatto di musica e di tante domande, e di un barlume di consapevolezza, rafforzato dallo studio di Nuto Revelli. “Il mondo dei vinti” e “L’anello forte” rappresentano due intense testimonianze di storia orale, attraverso le quali si mette a fuoco un affresco del forte e tragico mutamento avvenuto nel Paese a partire dal secondo Dopoguerra fino all’avvento del boom economico.” Continua a leggere