Titolo: Le dieci battaglie della storia di Ancona
Autore: Sergio Sparapani
Casa editrice: affinità elettive
Giovedì 14 ottobre alle 21.15, conversazione con l’autore; secondo incontro della rassegna le Marche in Biblioteca 2021.
Alcuni appunti sul libro, a cura di Tullio Bugari
«… qual è il ruolo della nostra sonnacchiosa città sita a margine del mare Adriatico? Uno sguardo a volo d’uccello non dovrebbe lasciare dubbi: Ancona è da almeno 2.400 anni un sito strategico. “La posizione militare è ottima sotto tutti i punti di vista” scrisse nel 1799 un ufficiale del genio austriaco. Più di sessant’anni più tardi, nel 1865, un rapporto riservato che un altro militare austriaco, tal maggiore Franzl, invia al suo comando, esprime la preoccupazione per il potenziamento del porto (…) la conformazione urbanistica cittadina è sempre stata, infatti, condizionata dalle finalità belliche; i progettisti hanno disegnato la città moderma tenendo conto delle prospettive offensive e difensive offerte dalla sua invidiabile posizione geografica ma anche dalla presenza di sorgenti, pozzi e cisterne in grado di sopperire al fabbisogno di acqua potabile nel corso di un assedio (…) una città difficile da catturare se gli assediati, pur inferiori di numero, trovano la forza e la volontà di resistere come accadde nel 1799 e nel 1849 (…); a fronte di offensive restauratrici che vedono cadere una a una le piazzeforti ribelli lungo la penisola, tra le tante città Ancona è quasi sempre l’ultima a cadere, (eppure) nella storia il ruolo e il valore di Ancona, e più in generale delle Marche, è sempre stato sottostimato (…) si fa fatica a trovare accenni ad Ancona nelle migliaia di pagine di un’opera in ben otto volumi curata da Lucio Villari nel 2007 e intitolata “Il Risorgimento”…»
Sintetizzo così alcuni passaggi estratti dall’introduzione scritta dallo stesso autore. Ho letto il libro nelle ultime settimane, ma la parola “leggere” è più consona ad un romanzo, un diario o magari un reportage, non mi sembra invece la più adatta in questo caso, trattandosi piuttosto di un libro da “consultare”, estrarre dalla propria liberia di tanto in tanto per tornare ad approfondire episodi, aspetti, personaggi, ce ne sono tanti in azione, o anche angoli della città aggiungerei in questo caso. E la consultazione può essere anche “doppia”, in lettura e in visione, perché il testo è arricchito da moltissime immagini, riproduzioni di carte topografiche, di quadri, ritratti, documenti, foto di ieri e di oggi; è una vera galleria quella che accompagna i testi e ti invita a percorrerla anche autonomamente dalla lettura, come se il libro stesso, con i vari testi e poi con le tante immagini, ci offra volutamente tanti elementi diversi, che possiamo fare nostri un poco alla volta, per poi ricomporli gradualmente insieme nella nostra immagine della città.
Insomma, siamo quasi invitati a fare dentro di noi un po’ come è stato per la storia stessa della città, che riscopriamo come il risultato di più stratificazioni, interventi urbanistici dagli scopi strategici, distruzioni per le battaglie e ricostruzioni nelle quali si inseriscono anche nuove esigenze sociali, o di espressione culturale. Stratificazioni di vicende che non sono solo guerresche, cioè di tipo tecnico militare e pertanto asettico, ma sempre dense di umanità e di persone che vi sono immerse, con il loro sentire e le loro passioni. Anche nell’evolvere della forma delle passioni nel corso del tempo, dagli ideali delle nuove libertà al tempo della repubblica romana o a quelli risorgimentali, passando anche per quel qualcosa di refrattario che anima la settimana rossa o anche la rivolta dei bersaglieri; le anime stesse della città si mostrano come stratificazioni diverse, che s’intrecciano, emergono e poi tornano a restituire al “terreno” della città il loro diverso carico di sensazioni. Compresi i tanti momenti tragici, alcuni non così lontani dal sentimento che ne avvertiamo ancora oggi, come i bombardamentio dell’ultima guerra, con quelle vittime che non si potè nemmeno estrarre da quel “terreno” per molti anni, e delle quali forse non si sa con certezza nemmeno oggi il numero esatto.
Nel libro c’è davvero molto, perché, pur con le emozioni che ci stimolano, è comunque il risultato di un complesso e lungo lavoro di ricerca, che ci restituisce nomi, date, luoghi, citazioni di documenti e lettere, di numerosi episodi anche minimi o marginali che però caratterizzano e completano la narrazione, e poi approfondimenti tecnici, spiegazioni, e insieme anche curiosità e aneddoti.
Il libro si compone di dieci capitoli, uno per ciascuna delle battaglie scelte per costruire questa narrazione – e scegliendo di limitarsi, per forza di cose, all’arco di tempo della storia contemporanea -, dall’assedio del 1799 al tempo della repubblica romana, all’insurrezione del 1831, inserita di nuovo nelle vicende nazionali, e quindi all’assedio del 1849, per una nuova epopea repubblicana. Tre battaglie in modi diversi tutte contro “il papa re”, che poi trovano un parziale epilogo nella battaglia di Ancona del 1860, al tempo della battaglia di Castelfidardo e dell’arrivo del re Vittorio Emanuele. Non si tratta solo della storia della città, sottolinea l’autore, ma di tutto il territorio delle Marche o almeno di questa parte della regione, perché sempre le battaglie che hanno riguardato la città sono state preparate, dai vari eserciti o governi di volta in volta interessati, conquistando le vie d’accesso o le zone limitrofe. La battaglia di Castelfidardo non è un episodio locale del paese che ne porta il nome ma dev’essere inserita in un quadro territoriale unitario e più ampio. E in un quadro ancora più ampio ecco la battaglia di Lissa, raccontata nel quinto capitolo. Poi non può mancare l’anima sovversiva e anarchica, irriducibilmente refrattaria – se si fa attenzione forse se ne può cogliere ancora oggi il respiro, se non nelle intenzioni coscienti magari nei linguaggi stessi o nei gesti – e quindi ecco la settimana rossa del 1914 e poi la rivolta dei bersaglieri del 1920. Nel mezzo però l’autore dedica un capitolo anche al bitz del 24 maggio del 1915, perché – guarda un po’ – Ancona fu “la città dive fu sparato il primo colpo” della grande guerra. Gli utlimi due capitoli sono dedicati alla Seconda guerra mondiale: sia alla campagna dei bombardamenti del 1943 e 1944, a cui ho già accennato; sia la battaglia per la liberazione di Ancona con le truppe polacche guidate dal generale Anders. E qui di nuovo dobbiamo allargare lo sguardo all’intera battaglia, includendovi la precedente battaglia di Filottrano, neanche questo un episodio locale casuale, ma proprio perché necessario a preparare il passo successivo.
Mi si conceda qui un innocente incursione personale: qualche tempo fa, spinto come sempre dalle mie caotiche curiosità, sono salito sul monte della Crescia, un’altura presso Offagna dove pare che anche i Longonbardi attorno all’anno mille avessero piazzato una loro rocca – e vi sono collegate anche leggende popolari che un po’ resistono perfino oggi. Su quell’altura, da dove si apre una vista a trecento sessanta gradi, ho scoperto che il generale Anders spostò per alcune ore il suo comando mentre, provenendo da Filottrano, dirigeva la battaglia di Ancona, e infatti da lì si percepisce in modo immediato la “geografia” della battaglia.
Monte della Crescia a parte – che comunque, ovviamente, ho trovato citato da Sparapani – il libro offre anche uno stimolo diretto a girare e camminare per l’Ancona odierna. Ciascuno dei dieci capitoli si conclude con un paragrafo, “I luoghi della memoria”, che ci offre indicazioni sulla città oggi, e così scopriamo – o forse è meglio dire rammentiamo, perché magari ce ne siamo soltanto un po’ dimenticati – che pur nelle tante distruzioni, anche più vicine e non solo i bombardamenti dell’ultima guerra, ma poi ancora il terremoto del 1972 o la frana di Posatoria dei primi anni Ottanta, esistono tanti luoghi “quasi” intatti, all’interno della città eppure quasi ai suoi margini, o nascosti, lasciati più o meno in disparte o utilizzati solo per eventi particolari, sulle sue alture, dalla Cittadella, al Forte Altavilla, al Cardeto e al vecchio faro e così via, potrei elencarne molti altri ma perdonatemi, io non sono nemmeno di Ancona, ma credo che se si ha la pazienza, e il sentimento, di visitarli nei momenti più sonnacchiosi dell’anno, possiedano ancora quel pizzico di magia capace di portarti ancora dentro altre dimensioni temporali.