Elogio dell’odio, di Khaled Khalifa

elogio-odio-copert-1Elogio dell’odio, di Khaled Khalifa. È stato questo in ordine di tempo l’ultimo libro letto e discusso al Circolo di lettura presso la Biblioteca Planettiana, nell’incontro dello scorso mercoledì 17 maggio. Una lettura densa e interessante, come tutte le altre di questo ciclo di letture, che ha stimolato e aperto tante riflessioni. Di seguito un estratto da un articolo di Annamaria Bianco sul blog Editoria Araba e di seguito una citazione dal libro di Khaled Khalifa.

«Scritto con l’inchiostro della poesia, con un linguaggio allegoricotipicamente siriano, che lascia spazio alle metafore che scivolano dalla bocca della narratrice, mentre racconta gli avvenimenti della sua vita con un lirismo sempre più commovente con l’incalzare del ritmo della narrazione, fino a raggiungere il culmine con il drammatico epilogo. Gli stessi titoli dei capitoli giocano sulla creazione costante di sinestesie, mentre fra le pagine aleggiano onnipresenti profumi, come quelli creati da Radwan, il servitore cieco della famiglia; un personaggio secondario, ma splendido con tutte le sue peculiarità, come tutte le altre figure che si fanno spazio all’interno di quello che potrebbe essere considerato un vero e proprio romanzo corale. Al suo interno, un mescolarsi di ricordi, che si intrecciano come visioni, tra il sonno e la veglia, il desiderio di fuga dal mondo, la solitudine, la ricerca dell’autoaffermazione nella negazione del corpo, la sessualità proibita, l’amore che porta a imbalsamare farfalle. Le storie dei singoli, le loro passioni e ossessioni, si svelano pian piano, sullo sfondo degli scontri civili.»

Da “Elogio dell’odio” di Khaled Khalifa:
«L’unica verità che avevo sempre difeso, l’odio, andò in frantumi, costringendomi a tornare alla domanda delle domande. Qual era il vero rapporto tra il sentimento di appartenenza a qualcosa, all’organizzazione, ad esempio, o alla mia famiglia e il mio essere? Io ero una creatura corporea che nuotava in un vuoto gelatinoso: la mia vita era stata un insieme di cose prese in prestito da altri. E com’è stato duro scoprire che quelle cose non erano la verità. Avevo passato tutto quel tempo a credere in ciò che altri avevano voluto che io credessi. Ti danno un nome e lo devi amare, devi difenderne l’esistenza. Ti danno un dio e lo devi pregare, iccidere chi la pensa diversamente sulla sua grazia. Devi afferrare il tuo bastone e sbatterlo in testa, per ordine divino, a chi viene definito miscredente. E il passo poi è breve perché si arrivi alla sinfonia degli spari e delle esplosioni e la morte diventi reale, un lento treno di tragedie che fa la sua corsa di dolore, che avanza per caricare i morti che, in attesa di essere sepolti, guardano il cielo con occhi vuoti come se tutto fosse un sogno, l’ultima immagine di una speranza non realizzata.»

Il ciclo di letture si concluderà il prossimo martedì 13 giugno con “Conoscere una donna” di Amos Oz.  In occasione di questo incontro – aperto a tutti gli interessati e non riservato solo ai partecipanti al circolo di lettura – sarà con noi Wasim Dahmash, per una conversazione generale sulle letterature dei paesi del Medio Oriente.  Wasim Dahmash è docente e traduttore palestinese nato in Siria nel 1948. Insegna dialettologia araba alla IULM. Ha insegnato nelle università di Cagliari e di Roma. Fa parte della Onlus Gazzella che si occupa di bambini feriti a Gaza.

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