“Fil rouge. Le lettere segrete di Yvette Mirebau”, di Alessandro Seri

fil_rouge_DEFTitoloFil rouge. Le lettere segrete di Yvette Mirebau
Autore: Alessandro Seri
Casa editrice: Vydia Editore

Una soffitta di Parigi nasconde la vicenda dimenticata di una giovane donna nella Francia degli impressionisti e dell’assenzio, di Baudelaire e della Comune. Nell’arco fragile di un fascio di lettere antiche nasce e si consuma un amore scritto, pensato e vissuto tra convenzioni e moti libertari; il filo rosso che lega i due protagonisti si dipana lungo le anse della Storia e i meandri di un universo intimo destinato a un imprevedibile altrove. La storia riemerge grazie alla scoperta delle lettere che Yvette Mirabeau, giovane figlia di un importante mercante di tessuti di Versailles, scrisse tra il 20 agosto 1866 e il 21 maggio 1871, a Arthur de Saens, definito squattrinato frequentatore di circoli letterari, e poi partecipe dei movimenti politici dell’epoca. Anni di grandi cambiamenti e importanti eventi storici. Le lettere di Arthur a Yvette – l’altra metà della corrispondenza – non ci sono, quindi abbiamo una sola versione della storia, “quella vista con gli occhi e vissuta con l’ardore di una ragazza che si apprestava a crescere immersa nelle convenzioni del suo tempo, ma con la forza di chi può e vuole essere padrona della propria vita.”
Scrive Yvette, dalla costa inglese, il 21 marzo 1871, appena tre giorni dopo che in Francia è stata proclamata La Comune di Parigi: “Durante la traversata ho passeggiato contro il volere dell’equipaggio sul ponte della nave, nonostante il vento freddissimo e la pioggia. Volevo gustare l’istante in cui pensavo di raggiungere la piena libertà (…) Ora mi affaccio alla finestra della locanda che mi ospita e vedo il mare in tempesta (…) mi farebbe molto piacere, quando arriverò a Londra, poter trovare ad aspettarmi anche una tua lettera. Potrebbe voler dire che, dopo tutto, non siamo poi così distanti. Il caso ci ha fatto incontrare, ma non siamo stati coraggiosi abbastanza da modificare il destino.”
L’intero racconto consiste dunque in un epistolario, tutte le lettere di Yvette che lo squattrinato Arthur ha conservato e poi è riuscito ad affidare in tempo a qualcuno che ha continuato a custodirle. Se la scrittura usata dall’autore segue l’unico registro dell’epistolario, le chiavi di lettura sono tuttavia molteplici e convivono insieme ad ogni passo: dalla duplicità degli sguardi femminile e maschile, all’intreccio tra vita privata e intima e il mondo letterario e quello sociale, a sua volta altrettanto duplice, stretto tra le convezioni borghesi della società imperiale e i club dei nuovi movimenti internazionalisti. Nasce forse, in questi frangenti della Storia, l’utopia moderna, che forse ancora oggi dobbiamo decifrare e comprendere fino in fondo ma alcuni indizi, i lati più intimi, magari possiamo riscoprirli proprio tra i risvolti di queste lettere. Yvette e Arthur non ne hanno avuto il tempo, attorno a loro tutto appare in movimento o in procinto di muoversi. La stessa scrittura di Yvette – l’epistolario – evolve, rispecchiando l’evolversi della ragazza e le tensioni che attraversa nell’arco di questi cinque anni in cui tutto è destinato a cambiare.

L’enclave dei sogni (appunti per una recensione), di Tullio Bugari

 

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