(Articolo di Sophie Tavernese, uscito il 11 giugno 2015 su EAST JOURNAL)
La Russia è da sempre in fondo alle classifiche mondiali sulla libertà di stampa. Ed è notorio. Dal 1992 ad oggi, secondo Cpj, sono 36 gli omicidi di giornalisti documentati, con un tasso di impunità che sfiora il 90 per cento. Inoltre, reporter e cronisti subiscono con preoccupante frequenza aggressioni e minacce. Dalla sua ultima rielezione nel 2012 e, soprattutto, in seguito al conflitto ucraino e all’annessione della Crimea, Putin ha ulteriormente inasprito le già dure norme che colpiscono i media nazionali non allineati.
Bisogna fare molta attenzione a criticare il governo: dopo tre ammonimenti – per aver in qualche modo infranto la legge – i giornali, i siti web e i canali televisivi vengono chiusi. Inoltre è vietato parlare di separatismo o anche solo di minoranze etniche e linguistiche – indipendentemente da quello che si sta scrivendo e raccontando. Si può essere incriminati, è illegale.
Giornalisti russi che combattono quotidianamente per raccontare la verità:
Tre anni fa, Serguei Sokolov, redattore capo aggiunto di Novaya Gazeta, che aveva condotto un’inchiesta sulla corruzione di alcuni agenti, fu prelevato contro la sua volontà dall’investigatore capo federale, Alexander Bastrykin, portato in mezzo alla foresta nella periferia di Mosca e minacciato di morte.
Più di recente, la scorsa estate, Lev Shlosberg, giornalista di Pskovskaya Gubernia e deputato della regione russa di Pskov che ha condotto un’inchiesta sulle bare russe che provengono dall’Ucraina – secondo la sua tesi appartenenti a soldati partiti per combattere nel Donbass – è stato aggredito fisicamente davanti alla propria abitazione. Inoltre, perquisizioni improvvise nelle redazioni giornalistiche sono all’ordine del giorno.
L’intervista ad Anastasia Kirilenko di Radio Svoboda
Anastasia Kirilenko, freelance russa (pubblica articoli su testate tedesche, francesi, svizzere e britanniche), lavora dal febbraio 2009 per Radio Svoboda (o Radio Liberty), emittente russa nata nel 1953 e finanziata con contributi pubblici americani. «Non me la sento di dire che non ho paura, però non potrei lavorare mistificando la realtà. Alcuni miei colleghi pur di fare il loro mestiere si adattano, io non potrei» racconta. «I media russi indipendenti ormai non esistono più. Radio Eco di Mosca e Novaya Gazeta di solito sono ritenuti piuttosto attendibili, ma la prima è stata acquistata da Gazprom e la seconda subisce continue pressioni dal Cremlino. Anche Svoboda», continua Kirilenko, «da dopo la rielezione di Putin nel 2012 è cambiata. E negli ultimi tempi, a volte, si autocensura direttamente. Putin ha troppo potere e non può essere contraddetto, non si può lottare contro di lui. Abbiamo già ricevuto due ammonimenti. La redazione di Mosca è a rischio, sono state bloccate le frequenze radio, costringendoci alla trasmissione solo su internet e sul satellite. Io lavoro per il sito, da Parigi. Prima di trasferirmi in Francia, quando vivevo a Mosca, sono stata interrogata da un poliziotto per diverse ore… dicevano che avevo offeso un amico di Putin. Oggi ricevo minacce e insulti ogni giorno, dalla gente comune, tramite la rete, ma non mi perdo d’animo».
Anastasia nel 2010 ha condotto e pubblicato un’importante inchiesta sul passato del leader del Cremlino evidenziando i suoi legami con la criminalità organizzata internazionale. Un reportage che ha fatto scalpore; senza le indagini della coraggiosa reporter tutto sarebbe rimasto sepolto dal tempo. «I notiziari in televisione ormai sono completamente allineati con il Cremlino. Vengono mandati in onda documentari falsi, ricostruzioni ad hoc di eventi sgraditi al potere. La gente si informa solo in questo modo, non guarda i canali stranieri e non legge. E comunque è stata convinta da Putin che tutti gli altri mentano. Gli americani che influenzano il mondo vogliono isolare la Russia e farla fallire. Perché questo è quello che viene continuamente ripetuto dalla propaganda ufficiale. Propaganda che è al massimo delle sue potenzialità, non è mai stata così organizzata» spiega la giornalista. «Il rapporto di Boris Nemtsov, che dimostra il coinvolgimento di Putin in Ucraina, è stato pubblicato solo da noi e da pochi altri media indipendenti. La televisione pubblica, ad esempio, non ne ha mai fatto menzione».
Foto: Anastasia Kirilenko