Titolo: L’inatteso
Autore: Cinzia Perrone
Casa editrice: Marco del Bucchia editore
GIOVEDÌ 24 ore 21.15, alla Biblioteca Planettiana incontro con Cinzia Perrone e il suo romanzo “L’inatteso“, per il quarto appuntamento con Le Marche in Biblioteca.
Un lungo racconto che attraversa più generazioni, dagli anni dell’Unità d’Italia, appena accennati ma che hanno quasi la forza di un imprinting per come quel passaggio storico avvenne – “Quelle famiglie erano l’esempio di come riuscire a non far cambiare niente, pur se in quel momento storico stava cambiando tutto; poche persone prive di scrupoli riuscirono in questo intento, mentre ad altri meno accondiscendenti toccò una sorte peggiore…” – fino agli anni Sessanta del Novecento, dove approda questa storia o insieme di storie di più generazioni e tanti diversi protagonisti, di famiglie che crescono, di uomini e donne, bambini e adulti, bambini che diventano adulti talvolta in fretta e adulti meno resilienti di altri che faticano a esserlo. Di persone che si perdono ma anche si ritrovano. Destini che s’intrecciano un po’ come nei canovacci teatrali, dove lo schema più o meno si conosce, perché lo schema nella vita lo sappiamo già che si ripete sempre, ma mai nello stesso identico modo e così tocca improvvisare di volta in volta, tentando di reagire per il meglio che si può a ciò che accade, e non prevediamo, e che talvolta è perfino il risultato di nostre scelte non attente o consapevoli delle possibili conseguenze.
Siamo in una provincia del Sud, dove già la stessa Unità del paese può essere un evento inatteso, perché dell’inatteso ha il carattere della rottura con un equilibrio precedente – ma equilibrio di che cosa, e basato su chi? – e siamo anche in una società divisa, molto più chiaramente di oggi, in classi, quelle agiate e proprietarie che, soprattutto se prive di scrupoli, hanno solo da perpetuare la propria agiatezza e proprietà, e alterigia, anche attraverso i giusti matrimoni – “Soldi e potere, il connubio era perfetto…” – e la discendenza, ma qui l’inatteso può presentarsi in forme più private, meno evidenti, e che però proprio per questo è anche facile aggirare o addomesticare: “… ma il problema che avrebbe afflitto la coppia, portandola a varcare la soglia dell’orfanatrofio, non tardò a manifestarsi…”. All’inizio l’inatteso sarà questo trovatello ignaro e innocente, come accadeva e o forse ancora accade, e così insieme a lui entrano sulla scena della storia anche altre classi sociali, più umili e ignare, di persone abituate a non tirarsi indietro e ad affrontare ciò che gli viene offerto cercando, comunque, di esserci. Qualcuno ci riesce un po’ meglio mentre qualche altro non è così resiliente. Oppure gli tocca il carico maggiore, nella forma dell’inatteso.
Il lungo racconto di Cinzia Perrone ci offre le storie di queste persone, che non mi sono mai sembrate del tutto sole e in balia di quell’ inatteso che travolge la precarietà delle condizioni di vita faticosamente raggiunte. L’inatteso certe volte si presenta nella veste di grandi eventi storici, come la Grande guerra, o la seconda guerra mondiale e il mercato nero. Altre volte le difficoltà nascono in modi più immediati, e anche dalla interferenza delle scelte, o dei capricci o dei tornaconti che provengono da quelle famiglie agiate e proprietarie, che hanno o pretendono di avere il potere di disporre degli altri. Di fatto è così. Il racconto di Cinzia Perrone non ha però l’enfasi della grande epopea di riscatto sociale propria dei grandi processi o avvenimenti storici, che restano sullo sfondo di queste vite, e ai quali vengono dedicati solo pochi e veloci accenni, quel tanto che basta per rammentarcene.
L’attenzione mi sembra più direttamente rivolta ai singoli, persone semplici seguite nelle loro reazioni intime, nelle psicologie che si formano, nelle speranze, nei piccoli sogni di riscatto personale. Come se uscire dalla precarietà – che è sempre economica – significhi comunque costruire spazi di dignità. Di un’identità più piena, non soffocata. Sono diversi i personaggi che nel corso delle generazioni si passano questa staffetta, e ogni volta ho avuto l’impressione che quello che io stesso ho chiamato schema che si ripete, in realtà non si ripete mai daccapo. Ogni personaggio sembra avere ogni volta un bagaglio in più, maturato attraverso chi l’ha preceduto, e ogni volta che riceve la staffetta ci sembra più completo, anche più problematico nelle riflessioni Intime e nel suo modo di sentire, o di voler uscire fuori per esserci. Nei protagonisti più recenti avvertiamo l’eco di quelli precedenti, come se le storie dei singoli, dentro quel canovaccio di più generazioni, costituissero un potenziale da cui poter ancora attingere o proseguire. Lo stesso esito del romanzo sembra essere così sia un punto di arrivo che un punto di partenza, e sapendo oramai che l’inatteso non si fugge ma si affronta, senza escludere nemmeno che possa dipendere anche da noi, incubato da scelte che trascuravano un qualcosa, e che occorre capire, affrontare e liberare.
Cinzia Perrone, è nata a Napoli, ma residente ormai da dieci anni a Jesi, dove da qualche anno è attiva nella scrittura. Laureata in Giurisprudenza, attualmente ha trovato la sua dimensione nella scrittura, antica passione mai sopita. Il primo romanzo “Mai via da te”, pubblicato dalla Montedit, è un racconto autobiografico di una esperienza della sua vita. Nel 2017 pubblica “L’inatteso” con Del Bucchia Editore. Ha da poco pubblicato una raccolta di racconti e poesie, “Annotazione a margine”, con la Lfa Publisher di Napoli.