“Cratere” di Stefano Ambrosini

Titolo: Cratere
Autore: Stefano Ambrosini
Casa editrice: Claudio Ciabochi editore

Giovedì 17 ottobre alle ore 21.15, incontro con l’autore al terzo incontro con Le Marche in Biblioteca alla Planettiana di Jesi.

Nei commenti al libro ho letto più volte l’etichetta Noir. Certamente non è fuori luogo ma da usare magari con cautela. A scanso di equivoci consulto il dizionario Treccani:  Noir, detto di opera letteraria o cinematografica basata sulla narrazione di vicende cruente e misteriose. Il misterioso c’è, questo è vero, ma qualsiasi storia può essere misteriosa per noi curiosi prima che l’autore ce la sveli un poco alla volta nel modo che lui ha deciso – o forse è il protagonista che lo ha deciso il modo? –  e riguardo al cruento… magari c’è anche quello, sì, ma forse è ancora più complicato, e non ho voglia di riprendere subito il dizionario.

Inizio a leggere le prime righe del libro:  «Nelle notti interminabili trascorse senza sonno, o in un sonno disturbato, mi capita di fare sogni atroci, che non è necessario riferire. Uno di questi però merita di essere raccontato. Devo disputare  un incontro di boxe…» e così via, un sogno di per sé misterioso, e che certo non nasce dal nulla ma il cui rapporto con la realtà, come ben sappiamo non solo da Freud ma da sempre, è  piuttosto complesso ma di sicuro esiste, e forse non basta solo un’intepretazione del sogno, occorre invece conoscere davvero quella realtà sottostante, guardarla bene prima se vogliamo averne chiari gli effetti dopo. E così mi sono immerso in questa storia, che mi è apparsa subito come una distopia, ma non rivolta al futuro (qui ritorno al Treccani:  Distopia, previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali eccetera). Mi è sembrata, piuttosto, una distopia del tempo presente, della nostra realtà immediata, ora e qui, nella quale ciò che normalmente accade  avviene comunque con certi ritmi più o meno lenti, o in spazi piuttosto ampi e non vicini a noi, oppure abbiamo anche qualcosa sopra agli occhi a coprirci. Immaginate invece che il ritmo del loro accadere e lo spazio in cui tutto accade si concentrino, accelerando, come nella caduta a spirale dentro un imbuto, e quindi le percezioni si esasperino. Anzi, non le percezioni, ma è la realtà stessa a esasperarsi, e le percezioni – o forse gli stessi sogni? – tendono a divenire sempre più reali e l’apparenza prende corpo.

Arrivo alla seconda pagina del libro, dove è sempre il protagonista che parla, lo fa dalla prima all’ultima riga, è il suo racconto quello che seguiamo: «La città in cui vivo si sviluppa tutta all’interno di una vallata a forma di cratere.»  Qui faccio una pausa. L’autore è di Fabriano e potremmo quindi riconoscervi subito questa città, anche per la sua realtà attuale fatta di dismissioni industriali e declino, o in generale anche per l’immagine più o meno stereotipata che ne abbiamo sviluppato negli anni, ma a sostegno dell’autore interviene il protagonista il quale subito precisa, anche se in un modo un po’ sornione e finto mascherato sembra che non voglia discostarsi troppo da quell’immagine: «È una piccola città come tante, abitata da persone operose che hanno vissuto  e che vivono del culto  del lavoro…. Anche la mia vita era come quella di tanti altri, fino a un paio di anni fa. Le cose  sono cambiate rapidamente e nel giro di poco tempo ho perduto tutti quelli che consideravo i punti fermi della mia esistenza, tutte le solide certezze di un uomo comune, sarebbe meglio definire ordinario…»

Da qui in poi il nostro protagonista diventa via via sempre meno ordinario e sempre più straordinario. Oppure, è ciò che gli sta attorno che ci appare via via più straordinario, nella sua ordinarietà? O magari anche perché noi stessi iniziamo a guardarlo questo mondo, scrutarlo con altri occhi, iniziamo a entrare dentro lo sguardo del protagonista? Che è diverso dal nostro, o soltanto più attento, qualcosa lo ha reso più acuto, e così ci offre profondità diverse, come in quelle vecchie sale con i film 3d, quando ci mettevamo sugli occhi quegli occhiali con le lenti colorate, e con la dimensione in più qualcosa accade anche dentro le nostre percezioni, ma lentamente, attraverso tutti i passaggi e i dettagli che ci vogliono: «Da un po’ di tempo la mia giornata  inizia verso le cinque di mattina, l’ora in cui di solito mi alzo…. esco a passeggiare, è una vecchia abitudine di quando avevo il cane. Percorro tutta la strada ad anello che circonda il centro storico… anche oggi sono uscito alla solita ora e non ho potuto non notare sul portone di casa mia la scritta “L’HAI AMMAZZATO TU” fatta con vernice spray rossa, ancora fresca.»  Insomma, tra i suoi concittadini c’è chi si diverte a tormentarlo e per farlo non rinuncia ad alzarsi dal letto anche prima di lui; che cosa sognino però non lo sappiamo, noi vediamo la storia solo dall’angolo visuale del protagonista, siamo con lui, che inizia a raccontarci: «Non sarebbe possibile comprendere la sequenza degli eventi che mi hanno portato a vivere nelle mie attuali condizioni se non cominciando dall’inizio, da fatti successi molti anni fa. È uno sforzo  che devo compiere ogni mattina, se voglio trovare la motivazione e l’energia per affrontare la realtà che ho intorno. Per ricordare a me stesso i motivi di questo vivere alluccinato. Ma, come dicevo, l’inizio della vicenda si colloca in un passato così remoto che la memoria necessita di un aiuto… »

Non so se in genere un Noir inizia così, o se debba esistere un genere. Questi che ho riportato sono solo alcuni degli ingredienti, nemmeno tutti, che troviamo nelle prime pagine, non ne anticipo altri di tutti quelli che si incontrano nel corso della storia, e sono molti, perfino tracce di utopia e di una tenerezza che richiede tenacia per essere afferrata, affiorano qua e là in questa incipiente distopia, mentre del Noir a mio avviso avvertiamo il respiro di qualcosa di sospeso, e forse poco altro, però fino all’ultima pagina, mentre osserviamo invece prendere corpo le tante facce della realtà, dove l’ordinario e lo straordinario del tempo presente si intrecciano, e perfino s’invertono,  e per raccapezzarsi occorre restare lucidi, resilienti – e il proganista ha una resilienza tutta sua, alimentata da una sostanza che si svela molto lentamente – ed è la resilienza ciò che comunque ci collega alla realtà, anche quando questa ci procura insofferenza. Dipende da noi? Dalla realtà? Da che cosa? E che cosa è accaduto al protagonista, che cosa deve ancora raccontarci? Di cosa lo perseguitano? Più che l’impazienza per la svelamento che il Noir in coerenza alla sua etichetta promette di svelarti nelle ultime pagine, mi sono lasciato identificare in questo protagonista resiliente, legato a ricordi potenti come assenze incolmabili e al tempo stesso con una capacità solida di non perdersi mai di fronte ad una traccia, coglierne il senso, anzi la bellezza per usare la stessa precisa parola, e preoccuparsi di difenderla, preservarla, dal ciò che è mediocre, banale, ignorante, o cattivo. Il tutto restituito con un tono narrativo nel quale il protagonista non rinuncia mai, nonostante tutto, ad una malinconica ironia. In alcuni passaggi, certe descrizioni di situazioni sociali, o culturali  mi sono apparse addirittura divertenti, per la loro irriverenza e per gli sprazzi di libertà che il protaganista si prende, e in alcuni episodi mi pare di avere riconosciuto addirittura situazioni ed eventi di cui m’è capitato d’essere spettatore, ma nella mia città.  Insomma, all’ombra del Noir, probabilmente avremo tante cose di cui parlare nell’incontro con Stefano Ambrosini, l’autore di “Cratere”.

Stefano Ambrosini è nato a Fabriano il 21/11/1970, insegnante di letteratura nella scuola superiore. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni nell’ambito della fotografia d’autore, le più importanti sono: “Intorno al Centro” (2002), “Scene di vita quotidiana” (2004) e “Amarica” (2008). Questo romanzo è la sua prova d’esordio.

Giovedì 17 ottobre alle ore 21.15 alla Biblioteca Planettiana di Jesi.

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