“Nell’afa”, chiude con Curzi la rassegna Le Marche in Biblioteca

Si è concluso con Pierfrancesco Curzi il ciclo di incontri letterari Le Marche in Biblioteca 2017. La letteratura ci guida sempre verso gli angoli nascosti della realtà e lo fa ogni volta attraverso lo sguardo che ciascun autore prepara per noi, pronti a seguirlo. “Nell’afa”, Vydia editore, il libro di Curzi, è un giallo e come ogni vero giallo è capace di mostrarci che la lettera rubata si trova davvero sotto i nostri occhi ma noi chissà da che parte guardavamo. Il contesto scelto per lo sviluppo degli eventi è quello di Ancona, nel contrasto dei suoi quartieri “più in alto” o “più in basso”, e poi le redazioni dei giornali, le caserme della polizia, ma anche le strade, e poi i sapori, i colori.

La serata con Curzi si è aperta e poi è stata accompagnata, come è nostra consuetudine, dagli interventi musicali della Scuola Musicale Pergolesi: questa volta era con noi il maestro Claudio Durpetti alla chitarra; l’intervento musicale è stato seguito ogni volta dalla lettura di un brano del libro, a cura del gruppo Arci Voce. Si sono succedute durante la serata Laura Santoni, Rosella Canari e  Luigina Tantucci.

Scegliere quali brani di un giallo leggere potrebbe non essere facile, per non svelare anzitempo quei particolare che toglierebbero al lettore la sorpresa di scoprirli da solo. E quindi ci siamo limitati a scegliere tra le prime trenta pagine, quelle in cui forse c’è “meno azione” e più sguardo del contesto, di quella scena o di quei personaggi o situazioni che più di altre introducono a questa Ancona al tempo stesso così peculiare, con la sua personalità, e insieme così universale, come tante altre possibili città di mare del mediterraneo, come lo stesso Curzi ha ricordato.

«La deontologia professionale si scontra con la pietà nei confronti della famiglia di una ragazza-bambina. L’assenza di un coinvolgimento emotivo, legato a vincoli di parentela o di frequentazione, lo spinge esclusivamente a confezionare un prodotto giornalistico quanto mai preciso, dettagliato. E onesto. Galassi è un vecchio guerriero della penna, passato dalla macchina da scrivere meccanica all’ultima frontiera dei programmi informatici, con una volata attraverso le prime applicazioni in dos. Anni di giri di nera, di inchieste, di attacchi di pezzi seguiti da svolgimenti che escono come acqua da una sorgente di montagna. Di buchi dati e presi. Di querele per diffamazione.
Vicende spinose ne ha trattate tante nel corso degli anni, intervallate da vagonate di articoli inutili. Adesso sente,a pelle, che da domani mattina, e fino al giorno in cui l’0micida non sarà assicurato dietro le sbarre dell’affollato carcere cittadino di Montacuto, sarà una guerra al massacro. E potrebbe finire da cani. In un certo modo si prevede inadeguato, nonostante il pedegree, a entrare in un circo Barnum dell’informazione di prvincia, una ridda di battaglie mediatiche. Sangue e arena. No grazie. Già immagina i e le giovani croniste/i della concorrenza, testosterone alto, cani da combattimento, caterpillar dell’informazione, disposti/e a tutto pur di pubblicare un’esclusiva, infoiati da capocronisti e caporedattori senza il minimo scrupolo, ma in compenso con alle
spalle problemi in famiglia, storie di corna, depressioni latenti, estenuanti cure a base di psicofarmaci, insoddisfazione esistenziale, scarsa predisposizione ai rapporti sociali, abusi fisici e sessuali subito da parenti in età prescolare. Eminenze grigie….»

Cattivo l’autore nei confronti di quello che chiama il circo Barnum dell’informazione di provincia? Ma il suo personaggio, il giornalista Galassi, è fatto così. Quasi un donchisciotte mancato, o soltanto più lucido, che le esperienze professionali e della vita hanno reso un po’ ruvido, come i quartieri in cui preferisce addentrarsi, ed è questo che si ritrova a pensare, consapevole, mentre si accinge a muovere i primi passi di un’inchiesta nella quale, forse, la lettera rubata noi non la vediamo non tanto perché i nostri occhi sono distratti, ma magari perché qualche altra mano ce la sposta, quella lettera, come nel gioco delle tre carte. E allora l’inchiesta, lo sguardo che teniamo, deve essere fermo e darsi da sé dei buoni punti di riferimento, per valutare e prevenire gli abbagli, per essere onesto con le persone su cui si indaga. Il giallo scritto da Curzi ci porta, dunque, non soltanto dentro i meandri dei quartieri che a lui interessa di più proporci, ma anche nei meandri delle verità costruite o smontate, nel modo di fare o disfare le notizie, o di costruire le “pubbliche opinioni”.

(l’articolo su Centropagina)

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