Le Marche in biblioteca: I Giovedì Letterari della Planettiana
(impressioni e suggestioni di Romina Marcattili)
“Terroir” è una bella parola. Mi piace farla risuonare nella testa e nella bocca, come un vino rosso dentro un calice. Viene dal francese e porta dunque con sé il sentore di altri paesaggi, di altri orizzonti linguistici (e culturali, quindi), eppure sta bene anche con l’ocra e i toni grigio-polvere delle nostre terre marchigiane, con l’odore salmastro che insaporisce l’aria dolce delle colline, con i bagliori ferrigni dei nostri rossi e quelli verdastri dei bianchi fermi.
“Terroir” è una parola usata dai viticultori per indicare un’area con specifiche caratteristiche geografiche, climatiche, fisiche, dove un vino alligna meglio che altrove, diventando unico e irripetibile, ma sta benissimo anche con altri frutti della terra, io credo, comprese l’arte e la musica e la poesia, compresa ogni forma espressiva che nella terra affonda le sue radici, per poi trovare spazio e creare risonanze altrove ed ovunque. Mi piace pensare le Marche come un “terroir”, generoso se dissodato con impegno e dedizione, se “lavorato” bene, direbbe mio nonno, nel linguaggio tecnico del suo sapere contadino. E un terreno lavorato bene è pronto ad accogliere semi nuovi, ad impregnarsi di umori diversi che daranno frutti a loro volta generosi.
Gli incontri della rassegna “Le Marche in biblioteca: I Giovedì Letterari della Planettiana” sono un po’ questo: un saggio del nostro “terroir” marchigiano, una manciata di terra chiusa nel palmo della mano da avvicinare al naso per sentirne l’odore umido e vivo, che evoca storie e linguaggi, voci e persone.
I cinque incontri proposti dalla Biblioteca Planettiana di Jesi e dall’Associazione Altroviaggio, in collaborazione con Viaggi & Miraggi, ArciVoce, La Macina e la Scuola musicale Pergolesi, editori ed aziende vinicole locali (e non solo), sono pensati per farci assaporare le Marche in tutta la loro bellezza, una bellezza plurale, perché fatta di esperienze diverse, ma tra loro intrecciate, connesse, compenetrate.
Suggestivo e intenso, in questo senso, il primo incontro, dedicato al libro S’agli occhi credi – Le Marche dell’arte nello sguardo dei poeti, a cura di Cristina Babino, Vydia editore, raccolta di scritti diversi di alcuni tra i principali poeti marchigiani, chiamati a raccontare altrettante opere d’arte disseminate nel territorio marchigiano. Un libro, dunque, già di per sé pensato come espressione di quel “terroir” marchigiano di cui si diceva, come luogo di scambi e di relazioni fittissime tra pittura e parola, tra linguaggi diversi, ma accomunati dalla medesima tensione verso l’espressione e la comunicazione. Una tensione resa palpabile dai due autori intervenuti alla presentazione jesina, Alessandro Seri ed Allì Caracciolo (ispirata più che mai), nonché da un terzo autore, Francesco Scarabicchi, fattosi presente con le sue parole, come incise nell’aria. A fare da sponda (e da riva per altre ripartenze) il canto, ruvido e antico, di Gastone Pietrucci della Macina e i vini offerti in fondo alla serata, quasi a voler chiosare con altri sensi il testo poetico-musicale intrecciato di parole e note.
La rassegna continuerà per tutto il mese di ottobre ed il primo giovedì di novembre. Quello che ci attendiamo è la bellezza degli incontri non banali, quelli che ci schiudono gli occhi e ci lasciano (quando ci lasciano) con un frammento di terra in più da “lavorare” e seminare, per farne terreno vivo.