Toni Morrison: la memoria, i fantasmi, la scrittura

Amatissima di Toni Morrison, è il libro scelto per il prossimo incontro del circolo di letturamercoledì 27 aprile, alle 21.15, alla Biblioteca Planettiana di Jesi.

Beloved_Toni_Morrison_unabridged_compact_discs_Random_House_Audio«L’infanzia e l’adolescenza nel mondo afroamericano, in particolare della donna, sono due momenti cui la scrittrice dedica profonda attenzione nell’indagare l’esperienza umana. Si percepisce la tensione della Morrison a forgiare immagini originali, ma soprattutto autentiche, ricusando con decisione gli stereotipi imperanti sui neri negli Stati Uniti –modelli che, come sottolinea inflessibile, i neri stessi hanno assimilato e fatto propri. La sovversione di quegli stereotipi passa attraverso la ricerca di un linguaggio con cui creare un convincente universo  immaginario che emerga con forza dalla cosmologia afroamericana, e attraverso una rigorosa consapevolezza della tecnica narrativa.» Scrive così Giulia Scarpa in un lungo e interessante saggio di alcuni anni fa, dal titolo Toni Morrison: la memoria, i fantasmi, la scrittura, dedicato alla grande scrittrice afroamericana premio Nobel per la letteratura nel 1993, e vincitrice del premio Pulitzer nel 1988 con il suo Beloved/Amatissima.

Un libro complesso ed esigente, teso a sovvertire i punti di vista, o di percezione, gli stereotipi.  Una delle dimensioni che più mi ha coinvolto durante la lettura, è proprio quella sintetizzata nel titolo del saggio citato, sul rapporto tra scrittura e memoria:

«La scrittura è ricerca in quanto atto di memoria: “La memoria (l’atto deliberato del ricordare) è una forma di creazione voluta. Ritrovare come sia andata veramente non è uno sforzo – è ricerca. Il punto è indugiare su come qualcosa appariva e sul perché appariva in quel modo particolare”. È anche ricerca di coesione tra i vari ricordi; coesione che trova la sua forza in una complessa poetica della trasformazione, nella quale vari strati di memoria si mescolano per poi sedimentare, dando vita a un terreno la cui perfezione, a prima vista, non fa neanche sospettare la presenza della sapiente e laboriosa mano che gli ha dato nuova vita – “le cuciture non si devono vedere”. La memoria assume forme diverse dando corpo ogni volta a modi diversi di ricordare. La metafora del fantasma ritorna a indicare l’invisibile presenza della scrittrice dietro ogni parola con cui dà voce a personaggi e narratori sempre differenti le cui memorie – ossessive, rimosse, nascoste, serbate teneramente o maniacalmente – formano intrecci infiniti.»

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