«Il 124 era carico di rancore. Carico del veleno di una bambina. Le donne lo sapevano, e così anche i bambini. Per anni ognuno aveva cercato a modo suo di sopportare il rancore di quella casa ma, nel 1873, le uniche vittime rimaste erano Sethe e sua figlia Denver. La nonna, Baby Suggs, era morta, e i due ragazzi, Howard e Buglar, erano scappati via a tredici anni, non appena, al solo guardarsi nello specchio, questo si era frantumato (il segnale per Buglar), non appena erano apparse sulla torta le due minuscole impronte di una manina (il segnale per Howard). Nessuno dei due aveva aspettato di vedere altro: l’ennesima pignatta ricolma di ceci fumanti rovesciata sul pavimento, le gallette in briciole sparpagliate a terra lungo una linea parallela all’uscio di casa. Né avevano atteso uno dei soliti periodi di calma: le settimane, i mesi persino, in cui niente veniva a turbare la quiete. No. Erano svaniti entrambi all’improvviso, nel momento stesso in cui la casa si era resa colpevole di ciò che ognuno di loro riteneva l’unico insulto da non potersi sopportare o vedere una seconda volta.»
Inizia così Amatissima di Toni Morrison, ne ho trovato anche la versione audio andata in onda qualche tempo fa sul programma Ad alta voce, con la lettura di Maria Paiato.
È questo il prossimo libro del mese del circolo di lettura di Jesi, di cui parleremo insieme nel settimo incontro, mercoledì 27 aprile, alle 21.15, sempre presso i locali della Biblioteca Planettiana, per il penultimo di questo ciclo di incontri iniziati lo scorso ottobre e che ci ha visto attraversare insieme e condividere alcune delle pagine più interessanti della letteratura americana del Novecento, da Fitzegerald a Faulkner, Steinbeck, Fante, Bradbury e Bukowski.
Non anticipo nulla al piacere della lettura di questa importante opera, che l’autrice ha scritto negli anni Ottanta, misurandosi con le memorie e con il passato, e quindi anche con il presente. “È per questo” le chiedono in un’intervista, “che la memoria è così importante nei suoi libri, per esempio in Beloved, dove il passato è anche presente?” “E tu devi stare lì e guardarlo in faccia” risponde lei, “O almeno provarci. E se non lo fai, se non hai almeno un minimo di dialogo col passato, non puoi capire il senso del presente. Tanto meno del futuro.”