Titolo: Contadini sulla strada; il declino dell’agricoltura familiare raccontato da John Steinbeck e Dorothea Lange
Autori: Fabrizio Bottari
Casa editrice: Pentagora
Su quali basi poggia l’agricoltura industriale? Sull’espropriazione delle terre e sull’espulsione dei contadini dalle campagne, sembra essere la risposta – che del resto già conosciamo da tempo, ne descrive bene il processo anche Marx nel Capitale – ma che poi, ogni volta, ci sorprendiamo di ascoltare, come se questa verità elementare la udissimo per la prima e unica volta, come se si trattasse di un’eccezione, un fatto dovuto ad una malvagità singola e non un “metodo” operante da sempre. Leggevo ad esempio questa mattina del Land crabbing in Senegal, più di 45 mila ettari di terreno da cui sono stati espulsi i contadini locali ( tra le aziende all’opera, alcune sono italiane).
Nella storia del nostro paese, potremmo citare la fuga dalle campagne negli anni Cinquanta. Non solo ai tempi di Marx, dunque, ma con continuità nella Storia e ancora oggi giorno. Nel libro di Fabrizio Bottari l’attenzione è rivolta agli Stai Uniti nel periodo della grande depressione, negli anni Trenta! Siamo all’inizio, potremmo dire, dell’agricoltura attuale in mano alle multinazionali, che fanno e disfanno, magari le stesse protagoniste all’italiano Expo del cibo, e che con le loro propagande si spacciano per le uniche in grado di di lottare contro la fame nel mondo. La crisi degli anni Trenta, un periodo storico che il libro di Bottari fa venir voglia di studiare per bene, comprendendone le trasformazioni sociali e dei rapporti economici.
L’analisi iniziale dell’autore introduce due interventi di altissima qualità, quali la documentazione fotografica di Dorothea Lange e i “reportage” di John Steinbeck che nell’ottobre del ’36 pubblicò per il californiano San Francisco News una serie di sette articoli sulla condizione dei lavoratori migranti provenienti dagli stati del Midwest, colpito non solo dalle siccità ma anche dall’espulsione dei mezzadri, non più competitivi con l’avvento della trattrice e della industrializzazione dell’agricoltura. E quindi espulsi dalle terre, trasformati in braccianti, vaganti nei campi, in alloggi di fortuna, a vendersi per salari in concorrenza e sempre più bassi, a dover pagare l’affitto delle misere cose date loro per la sopravvivenza giornaliera, in balia del pusher, il sorvegliante dei campi o che detta il ritmo durante la raccolta nel campo, E poi le condizioni sanitarie e le misere condizioni igieniche, con i bambini esposti alle epidemie e alla denutrizione, gli interventi a sostegno, come al solito inefficaci, l’ostilità spesso della popolazione delle città nei confronti dei migranti, le divisioni create tra questi nuovi migranti interni e quelli provenienti da fuori e così via. È interessante anche per capire come certi meccanismi economici e sociali agiscano come veri e propri “dispositivi” ed entrano in funzione, in luoghi, tempi, paesi e condizioni diverse ma per riprodurre sempre lo stesso risultato di una”accumulazione primitiva”, a favore un profitto privato e ai danni del resto della società. Insomma, sembra di leggere le descrizioni odierne dei campi di raccolta dei pomodori nel foggiano o altri luoghi.
Non manca, nella parte introduttiva di Fabrizio Bottari, nemmeno una citazione di quanto avveniva negli stessi anni Trenta nella nuova Unione Sovietica, e in particolare l’holodomor ucraino, con alcuni milioni di contadini prima sospinti e poi lasciati morire di fame. Bottari cita anchei un importante scrittore russo, Vasilij Grosmann, che lasciò un’importante documentazione e narrazione nel libro “Tutto scorre”.
Qui invece siamo nel Midwest negli anni Trenta, il racconto è di Steinbeck, con la capacità descrittiva ed evocativa di cui può esser capace l’autore di “Furore”, forse uno dei romanzi più importanti della letteratura Americana del Novecento, scritto subito dopo questi reportage. Agli articoli pubblicati nel ’36 se ne aggiunse un altro nel’ 38; più tardi furono raccolti tutti insieme sotto il titolo “il loro sangue è più forte”, “Their blood is strong”, nel senso che comunque le persone non si piegano, o comunque Steinbeck ritiene giusto tributare loroi, per senso di rispetto, l’enorme capacità di resistenza, a dispetto di tutto. I piccoli agricoltori e i mezzadri esposti alla concorrenza, ridotti in debiti, costretti a ipotecare e poi a vendere o svendere alle banche e alle grandi aziende. È così che si mette fine all’agricoltura familiare.
Gli articoli di Steinbeck sono tradotti per la prima volta in italiano ed è possibile ora leggerli, scorrendoli mentre l’occhio ad ogni pagina può andare alle tante foto di Dorothea Lange, che completano il reportage scritto con immagini di grande forza documentaria. Conclude Bottari: “L’attualità delle parole e delle immagini di due testimoni d’eccezione, John Steinbeck e Dorothea Lange, possono aiutarci a capire che siamo anche noi parte di quella storia e che possiamo ancora salvare quel poco di fertilità e dignità che la terra e l’uomo, nonostante tutto, hanno saputo fin qui conservare.”
(Da Nazione Indiana, un estratto dal libro, dove si racconta la storia della fotografia ‘Migrant mother’ di Dorothea Lange)
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