“Praga d’oro e nera” di Peter Demetz (incipit)

phpThumb_generated_thumbnailjpgTitolo: Praga d’oro e nera
Autore: Peter Demetz
Casa editrice: Sellerio

“Amo e odio la mia città natale, e il conflitto dei sentimenti non è stato alleviato dai miei ritorni a Praga negli anni dopo il cambio della guardia del 1989, talvolta poeticamente chiamato “rivoluzione di velluto”. I ricordi felici di lunghe passeggiate fra i mandorli nel mese di maggio o dei tuffi nella Moldava dalle zattere sotto il Teatro Nazionale erano accompagnati da altre immagini, più disturbanti. Ricordo le liste quotidiane di cittadini cechi giustiziati sommariamente, dopo che il Reichsprotektor Reinhard Heydrich, mentre si recava al castello il 27 maggio 1942, era caduto nell’imboscata di un commando cecoslovacco paracadutato da un aereo britannico, e mi ricordo una donna anziana con gli scarponi e uno zaino pieno sulle spalle (era mia madre) che su una vettura sgangherata del tram n° 7 andava alla sala di raccolta da cui gli ebrei venivano trasportati ai campi, per non tornare mai più; tre anni dopo, quando Praga era stata liberata, donne, bambini e vecchi tedeschi erano prelevati dalle loro case, ammassati in vecchi cinematografi e stadi e infine espulsi dalla città e dalla Cecoslovacchia. Tanti miei colleghi europei che si dilettano a scrivere di cose boeme hanno vita più facile, non gravati da ricordi che fanno dolere il cuore e rivoltano lo stomaco; i molti volumi illustrati che oggi le librerie praghesi offrono ai turisti non fanno gran male, permettendo ai viaggiatori di andare e tornare riportandone intatte le proprie idee preconcette. In una delle sue rare poesie Franz Kafka immagina di passare sul Ponte Carlo e di posare dolcemente le mani sulle vecchie pietre – «die Hände auf alten Steinen». Ho sempre pensato che con quel tenero gesto cercasse d’impedire al sangue versato in tante feroci battaglie di sprizzarne fuori.
Non sono tanto sciocco da credere di poter offrire una storia di Praga com’è stata realmente, ma spero di controbattere alcuni dei racconti tradizionali con altre storie, storie che non nascondono le mie intuizioni polemiche. Desidero tracciare sommariamente alcuni capitoli scelti di storia paradossale, in cui le tinte dorate della fiera potenza e della gloria creativa, di imperatori, artisti e studiosi, e di tanta gente caparbia, sono macchiate dal nero della sofferenza e del silenzio delle vittime. Ho imparato molto dalla storiografia ceca negli ultimi quarant’anni, ma gioia della ricerca mi sono un po’ guastate dai ricordi dell’Università Carolina nella primavera del ’48, quando da studente non potei fare a meno di osservare alcuni dei professori da me più ammirati che, subito dopo il colpo di stato comunista, preferirono rivedere istantaneamente le loro idee piuttosto che arrischiarsi a prendere un posto dignitoso nelle misere file dell’opposizione. Ciascuno dei molti dotti volumi pubblicati sotto il regime del partito ci racconta tutta una storia – una storia di servitù volontaria, di compromesso, di umiliazione, qualche volta di rara resistenza.
La multienicità, una società vivibile formata da molte società diverse, è oramai un impegno fondamentale nella vita politica e negli studi accademici, almeno negli Stati Uniti. Dispiace vedere che nel vecchio continente molti luoghi di tradizione multietnica nel corso dell’ultima generazione o giù di lì sono passati a godere le unanimi gioie di un’unica cultura nazionale segnata da politiche d’esclusione e da un tocco di xenofobia. In questo momento particolare può non essere inutile studiare la storia di una città europea costruita nel giro di molti secoli da cechi, tedeschi, ebrei e italiani, anche se molti storici nazionali vorrebbero sminuire il contributo di questo o quel gruppo, spesso concordi solo nel tentativo di ignorare la gente della Città Ebraica. Praga ha una lunga storia di massacri, sia scatenati dalla plebaglia che organizzati dai burocrati, e di «pulizie» etniche e religiose che invariabilmente sporcavano le mani che «facevano pulizia». Praga ha avuto il pogrom del 1389, in cui furono uccisi migliaia di ebrei, la cacciata degli ebrei dalla loro antica città nel 1744, da parte di Maria Teresa, e nel 1940-45 la Shoah, con i convogli per Terezin e per i campi di sterminio; gli storici di Praga conoscono bene l’esilio forzato di tutti gli evangelici, cechi e tedeschi, dopo la battaglia della Montagna Bianca nel 1620, e l’espulsione in massa dei tedeschi, colpevoli o innocenti, dopo il maggio 1945.
Eppure ci sono stati molti momenti in cui le diverse società di Praga hanno convissuto…”

(incipit di “Praga d’oro e nera” di Peter Demetz, traduzione di Marina Premoli)

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