Titolo: In ogni caso nessun rinorso
Autore: Pino Cacucci
Casa editrice: Feltrinelli
I banditi in automobile. Jules Joseph Bonnot, “l’inventore” della rapina motorizzata. Il libro è uscito la prima volta con Longanesi nel 1994. Un racconto di storia vera, dimenticata e un po’ scomoda, raccontata nella forma del romanzo, quindi non secondo un’esatta ricostruzione storica degli avvenimenti ma affrontando il tema più intimo del senso della rivolta individuale, delle condizioni sociali, della militanza politica e poi della scelta dei metodi più estremi, illegali, come un brigante che rapina i ricchi. Nella postfazione del libro, comunque, per chi vuole approfondire, l’autore riporta la bibliografia da lui consultata.
In questa mia nota, mi limito a indicare la recensione di Massimo Ortalli su A rivista anarchica e a citare dal libro un paio di brani. Nel primo, l’autore ci descrive Bonnot mentre si tormenta nei suoi pensieri alle prese con la contraddizione “madre”, quella tra la società reale costretta ad adattarsi ai meccanismi dell’ingiustizia e gli ideali politici del riscatto, ostinandosi comunque a trovare una soluzione: “doveva esserci qualcosa che trasformasse la miseria in rivolta… con la propaganda, con quei libri, forse…”. Nel secondo, è il commissario incaricato di dargli la caccia, mentre riceve qualcosa di più di semplici disposizioni dal suo capo: il cinico pensiero del potere, o delle trappole del potere, sempre attento a legittimare la sua repressione.
“Anche lui sapeva quanto fosse difficile parlare di uguaglianza e solidarietà, avendo davanti agli occhi le abiezioni di quegli stessi miserabili che si volevano riscattare. Lui, che aveva ricevuto frustate da poliziotti poveri, bastonate da secondini altrettanto poveri, umiliazioni da capetti che venivano pagati soltanto pochi soldi, in più dei loro subordinati, insulti e crudeltà dalla maggior parte dei disgraziati che aveva incontrato sul cammino. Ma sentiva che doveva esserci qualcosa, un mezzo, un metodo, per convertire le idee astratte dei suoi libri in coscienza, in spirito di fratellanza, qualcosa che trasformasse la miseria in rivolta, che non si fermasse alla semplice violenza bruta da sfogare tra reietti. I dannati della terra possedevano una grande forza, ma non ne erano consapevoli: la potenza devastante che deriva dal non avere nulla da perdere. Con la propaganda, con quei giornali e quei libri, forse…”
“Non sta a noi giudicare l’operato del governo. Il nostro mestiere consiste nel proteggere i cittadini dalle minacce interne della società – ladri e assassini saranno sempre in sovrabbondanza, e il sistema ha imparato a conviverci senza subire eccessivi contraccolpi. Ma non può convivere con chi compie gli stessi reati in nome di una rivoluzione, o di vagheggiate forme di giustizia sociale, che si risolvono immancabilmente in violenza e disordine. Se arrestiamo un anarchico perché ha svaligiato una villa, certa gente lo vedrà come una vittima, un poveraccio che tentava di prendersi una parte della ricchezza a lui negata. Esiste una fetta dell’opinione pubblica che non si rende conto di avere a che fare con falliti, debosciati, rifiuti condannati comunque a essere una nullità. Loro, le anime pure, ritengono tali individui alla stregua degli oppressi. Ma se li arrestiamo dopo che hanno commesso un’atrocità, dopo che hanno ammazzato qualche povero padre di famiglia colpevole soltanto di indossare una divisa o di avere intralciato loro il passo… allora, agli occhi di quei liberi pensatori, gli anarchici saranno solo volgari delinquenti assetati di sangue. Ecco che cosa ci viene chiesto. Nulla di più e nulla di meno.” “Ho capito benissimo. Devo soltanto aspettare che un padre di famiglia si sacrifichi, e i giornali ci diano le prime pagine per qualche giorno. Dopodiché, intervengo io. Rassicuri il ministro.”
Nonostante sia trascorso un secolo (due settimane prima della morte di Bonnot, colava a picco il Titanic; l’esercito italiano stava procedendo alla conquista di Tripolitania e Cirenaica, che allora non si chiamavano Libia, e già oggi il nome Libia sta nuovamente perdendo “significato”), trovo i temi affrontati dall’autore sempre attuali, e da approfondire.