“Se non sappiamo più leggere, come facciamo a scegliere un libro?”

Tratto dal sito “2 RUOTE DI RESISTENZA”, di Nica Mammì e Daniele Contardo, dall’articolo “23- 27 giugno: dalla Val d’Elsa al Casentino, passando per il Chianti”, una tappa del loro viaggio in bici nel 2014 lungo l’Italia “Alla ricerca del popolo che manca”.

picSolo 30 km ci dividono da Capolona. La nostra tappa successiva, per la precisione, è Apia, piccola frazione di Capolona. Siamo in terra aretina, per intenderci, a circa 12 km da Arezzo: percorrendo strade secondarie, attraversiamo la campagna casentina, che ci appare meno olografica di quella senese, la strada è tendenzialmente in salita costante ma sopportabile, a parte le frequenti buche che ci costringono a slalom a tratti pericolosi, per fortuna il traffico non è così frequente nonostante i centri abitati non manchino. Qui ci attende un incontro importante.

Silvia Tessitore è prima di tutto una nostra cara amica, che ci ha messo a disposizione la sua casetta di Apia come base di lavoro per alcuni giorni, immersi nel verde e nel silenzio. In secondo luogo, è la direttrice editoriale della Casa editrice Zona, che ha fondato sedici anni fa insieme a Piero Cademartori. Un progetto ambizioso che nasceva da una silenziosa passione comune verso l’editoria: la poesia ha inaugurato i loro primi lavori editoriali, ai quali è seguito un ricco percorso musicale, che ancora oggi portano avanti, seppur con grande fatica. Ed è per questo che lo scorso anno Silvia ha prodotto uno scritto, che molti hanno definito pamphlet. “Quello che ai lettori non dicono” ha un sottotitolo ancora più impegnativo: “Come funziona (malissimo)il mondo del libro di carta in Italia“. La sua riflessione sullo stato dell’arte dell’editoria cartacea italiana va a toccare le corde sensibili della libertà d’impresa e di pensiero in Italia, in un periodo di forte crisi economica e culturale, in cui a pagare lo scotto sono principalmente le 500 piccole e medie aziende artigiane del libro, come ama definirle Silvia.
Il mercato del libro in Italia è cresciuto fino al 2008, in controtendenza con altri settori già in crisi, e ciò ha permesso alle piccole case editrici di crescere sul mercato. La realtà, però, inizia a cambiare quando Berlusconi, già editore, acquista Mondadori imponendo il suo controllo sulla più grande casa editrice italiana: la vicenda, meglio nota come Lodo Mondadori, risale al 1990, quando Berlusconi diviene Presidente dell’azienda scavalcando un precedente accordo della stessa con la CIR di Carlo De Benedetti; in seguito si scopre che i giudici che hanno emanato la sentenza a favore di Berlusconi, nonché amici dell’avvocato di Fininvest Cesare Previti, hanno ricevuto ingenti tangenti. La vicenda si conclude solo nel 2013 a favore di De Benedetti.
Solo per fare il punto sulla storia contemporanea.

Nel 2002, inoltre, il passaggio all’euro conduce al raddoppio immediato di tutti i costi alla produzione editoriale. In tale situazione le altre quattro grandi case editrici, Feltrinelli, Giunti, i gruppi RCS e GeMS (Mauri Spagnol), in risposta alla crisi (si parla per tutti di una perdita del 30% del fatturato) decidono di riposizionarsi sul mercato aprendo, per esempio, le grandi librerie di catena e diventando grandi gruppi industriali quotati in borsa che detengono il controllo del mercato librario dalla produzione alla distribuzione.
Non c’è dunque più spazio sul mercato per le piccole aziende.

Silvia ricorda ancora che la Commissione Antitrust non si è mai preoccupata di far rispettare l’applicazione della legge Levi sullo sconto librario, largamente disattesa dai grandi, come delle ricadute del conflitto di interesse tra Mondadori e altre case.
Ricordiamo a chi legge che la legge Levi, varata nel 2011, imponeva un tetto massimo di sconto del 15% sui prezzi di copertina proprio per tutelare le piccole case editrici dalla concorrenza delle grandi, avvezze a praticare sconti alti per ripulire della merce i magazzini attraverso il canale della grande distribuzione (autogrill, etc..).

Silvia è insorta in difesa del suo lavoro e soprattutto del suo progetto di vita portando quest’anno lo scritto alla Fiera Internazionale del Libro di Torino, sulla quale esprime le sue critiche per essersi trasformata in un contenitore in cui le iniziative sono ormai fortemente condizionate dall’esposizione mediatica dell’autore.
Una necessità a cui oggi nessuna casa editrice si può sottrarre è certamente il passaggio all’editoria elettronica, sebbene in Italia corrisponda solo al 3% del fatturato.

Abbiamo chiesto a Silvia se in questo panorama per molti disastroso intraveda delle soluzioni a breve-medio termine.
Partendo dal presupposto che la compresenza sul mercato tra piccoli e grandi editori non sia incompatibile, lei crede sia necessaria l’apertura di un tavolo di lavoro tra tutti i soggetti del mercato al fine di ridistribuire le parti e porre un argine allo strapotere dei grandi; è ancora necessario rafforzare un sistema di garanzia che non sia di tipo assistenzialistico.
In tutto questo i lettori che ruolo giocano? Patiscono la crisi inconsapevoli, in gran parte, del funzionamento del grande sistema che li circonda.

Nel frattempo l’Italia continua a perdere lettori, posti di lavoro e imprese e paradossalmente il mercato del libro è in sovraproduzione.
Come la regola del “giusto prezzo” in agricoltura, così anche quella sul “giusto profitto” viene disattesa: i piccoli editori, che investono senza grandi capitali alle spalle, sono ormai costretti a restare a galla senza la garanzia di un reddito equo.

Ecco perché abbiamo voluto raccontare nel nostro percorso la storia di Zona Editrice, che speriamo funga da volano per altre case editrici indipendenti: il mercato dell’editoria, al pari di quello agricolo, artigianale, terziario, in questo momento storico non trova il suo spazio di espressione se non al limite tra povertà e illegalità.

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