“Ormai ci avevano chiuso la piccola porta, alla buona sera della guardia avevamo risposto “Fetenti”, zio Donato ascoltò l’orologio di piazza Vittorio Veneto, erano le sette, c’era da svegliare il tarantino, che dormiva da un’ora, perché cominciava il libro. (…) A che vale leggere per noi, ve lo dice questo libro, che spiega pure quando e come e perché uno scrive, io dissi.
Io ho avuto la fortuna di conoscere l’uomo che l’ha scritto, non è veramente mio amico, non è nemmeno, vi avverto, un vostro amico. Ha scritto questo che è il più appassionato e crudo memoriale dei nostri paesi. Ci sono parole e fatti da fare schiattare le molli pance dei signori nel sonno, meccanicamente, per la forza di verità. Ci sono morti e lamenti da fare impallidire i santi martiri per la forza di verità. E le nostre terre si muovono da parere fiumi e i morti, tutti i morti i bambini e i vecchi vivono sulle nude terre tremanti e nei boschi. E i vivi… Leggiamo ora.”
Le terre si muovono da parere fiumi. Chi scrive è Rocco Scotellaro, nel suo racconto biografico “L’uva puttanella”, e il libro che sta iniziando a leggere ai suoi amici di ‘galera’ – perché nel febbraio e marzo del ’50 Rocco fu carcerato per 45 giorni, con una falsa accusa, nel carcere di Matera, e i suoi amici sono i piccoli delinquenti, un camorrista, soprattutto i contadini che stanno occupando le terre – è “Cristo si è fermato a Eboli”, e l’uomo che lo ha scritto è Carlo Levi. Don Carlo per i contadini di Aliano, dove fu mandato al confino dal regime fascista. “Questo uomo – continua Scotellaro – è un fratellastro, mio e nostro, che abbiamo un giorno incontrato per avventura. Ciò che ci lega a lui è la fiducia reciproca per un fatto accaduto a lui e a noi e un’amore della propria somiglianza. Eccolo qui, alla prima pagina, comincia, sentite. È stato anche lui in galera e va dicendo che ognuno dal presidente al cancelliere, dal miliardario al pezzente, dovrebbe andarci una volta.” E poi inizia la lettura del libro di Levi: “…Chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare con la memoria a quell’altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente…”
Tutti dovrebbero provarla almeno una volta la galera, augura Levi. Scotellaro ne approfitta per leggere il suo libro ai contadini reclusi con lui, che in quelle pagine ritrovano se stessi.
Abbiamo scelto di leggere il libro di Carlo Levi per il prossimo incontro del nostro circolo di lettura, ancora in via di formazione. In comune con la precedente lettura – Leggere Lolita a Teheran – c’è questa situazione del leggere in gruppo e di condividere l’esperienza della lettura come uno spazio di libertà, mentre si vive costretti, o reclusi, da un potere che ci lotta contro.
L’appuntamento è per mercoledì 13 maggio alle ore 18.00, presso la sede ARCI di Jesi, in piazza Federico II nr. 4. l’invito è esteso a tutti gli interessati.
(sopra, particolare del dipinto ‘Lucania 61’ di Carlo Levi, esposto a Palazzo Lanfranchi, Matera)