Profezia & Memoria: “Un osservatorio sulle memorie?”

AL ROGO, profezia & memoria: il commento di Luisa Tabarrini – 4 febbraio 2015

La notizia del rogo della biblioteca dell’Accademia delle Scienze a Mosca (nella foto accanto) e l’articolo di Pier Aldo Rovatti su Aut Aut, “L’altra memoria che abbiamo perduto”, pubblicati sulla pagina FB di Altroviaggio, mi “richiamano all’obbligo” di un commento alla serata “AL ROGO, profezia & memoria, per una cultura della prevenzione”, lo scorso martedì 27, presso la biblioteca di Santa Maria Nuova.170541325-7c61b701-216e-407d-a4e9-21d0e054e466

Ho trovato del tutto condivisibile e assai stimolante l’assunto di partenza rispetto alla giornata della memoria che rischia di ritualizzarsi, svuotandosi di senso, se non si trovano forme un po’ diverse dalle solite e soprattutto capaci di connettere il passato a quel che continua ad accadere oggi ad ogni latitudine, come a ribadire che l’essere umano continua ad essere capace di orrori/errori che si sperava di non vedere mai più. Forme capaci anche di porsi come work in progress, come osservatorio permanente che periodicamente produca un “evento” di memoria in continuo aggiornamento, per riparare a quella labilità mnemonica di cui si parla in Aut aut…

Dove mi si “intoppa” il discorso è che per dare concretezza al progetto ci vuole un “gruppo di lavoro”, chiamiamolo così, che abbia tempo e voglia di incontrarsi non sporadicamente, darsi obiettivi comuni, regole condivise ecc. Lo chiamo intoppo perché spesso tante buone intenzioni naufragano proprio sullo scoglio della parola “gruppo”.

Oppure chi è interessato potrebbe più semplicemente impegnarsi a “scaricare” sui promotori dell’iniziativa notizie, osservazioni, articoli pescati qua e là, insomma materiali che poi loro potrebbero selezionare, montare, elaborare per produrre il prossimo evento della memoria.
Un altro aspetto che andrebbe definito secondo me è il “target” a cui indirizzare l’eventuale prodotto che continuo a chiamare “evento” per comodità: dando per scontato che i soliti noti siano già sensibilizzati a questo tipo di problematiche, chi raggiungere per spezzare il terribile muro di gomma che è l’indifferenza? Scuole? Quali ordini di scuole? Con che tipo di coinvolgimento di insegnanti e genitori? Un pubblico indifferenziato a cui proporre un ampliamento di ciò che avete fatto a Santa Maria Nuova, video, letture di testi? La formula è interessante e suscettibile di arricchimenti. Di più non mi viene da dire, temo di dire banalità.
Certo, l’altra sera sono tornata a Jesi, mentre provava a nevicare (!!!), con la sensazione che sarebbe comunque necessario e bello far nascere qualcosa al di là di questo primo incontro e – pur con il senso di disillusione un po’ scettica che oramai da un po’ ci frulla – mi son detta che ci starei a lavorare intorno a questa cosa.

Un pensiero su “Profezia & Memoria: “Un osservatorio sulle memorie?”

  1. Tullio Bugari Autore articolo

    RESTIAMO INQUIETI
    “Dove mi si “intoppa” il discorso è che per dare concretezza al progetto ci vuole un “gruppo di lavoro”, scrive Luisa. Condivido, si “intoppa” anche a me, mi fa venire in mente una battuta “autoesorcizzante” di anni fa: piuttosto che un “gruppo di lavoro”, sarebbe più utile un “lavoro di gruppo”. E forse è meglio lasciarlo crescere libero e spontaneo questo lavoro. Magari seguendolo con la dovuta attenzione appena inizia a prendere forma.
    La parola Osservatorio è venuta fuori spontaneamente, nel corso della serata, da noi stessi che lo stavamo promuovendo, più presi dall’argomento che non dalla sua realizzazione pratica. Poi, tornato a casa, m’è venuto in mente di cercare sul web quanti osservatori cosiddetti culturali già esistono. Sono un’infinità. Ce n’è uno anche presso la Regione Marche, e poi in ogni regione, ente, istituzione eccetera. Bravi, è giusto osservare. Ma che cosa osservano? Forse è bene osservare gli osservatori? Quale cultura osservano?
    “La cultura oggi giorno è utilizzata come un sistema di distrazione di massa” rispondeva Goffredo Fofi, in un’intervista dello scorso mese di maggio: “Resistere, studiare, fare rete e romperere i coglioni” era il messaggio di Fofi: “Si è tentati di raccontarsi delle favole… probabilmente il gioco è già giocato e abbiamo perduto. Quello che si può fare è resistere è tenere in piedi delle situazioni serie, solide, minoritarie. 
E’ una scelta essere una minoranza eticamente determinata, senza disprezzo delle maggioranze, oggi particolarmente manipolate.
 Anche la cultura è usata per distrarre, perché se pensiamo poi stiamo male. Sapere mette in crisi, vedere il poco che puoi fare per cambiare la tua condizione. 
Possiamo fare poco ma possiamo farlo, e possiamo riprodurci. Che è poi la base del cristianesimo e del socialismo: solidarietà con gli oppressi e degli oppressi.”
    Su queste parole di Fofi mi pare che ci siamo. Resistiamo, studiamo, potremmo studiare anche un po’ di più, segnaliamoci e scambiamoci i risultati dei nostri studi e lavori – fare rete: ciascuno di noi è un nodo – e poi, sì certo, occorre anche “rompere i coglioni” che a pensarci bene è la parte più impegnativa, se si vuole farlo davvero bene. L’importante è non distrarsi e non smettere di pensare. “Anche la cultura è usata per distrarre, perché se pensiamo poi stiamo male” dice sempre Fofi.
    E’ un po’ questo, mi pare, il tema toccato con i brani letti alla Biblioteca del Torrione la sera del 27 gennaio. “Leggere può far venire delle strane idee” dice il prete del Don Chisciotte; “occorre difendere la società dai libri”, dicono i governanti de il Mondo nuovo di Huxley; è una strana inquietudine quella che avverte Guy Montag in Fahrenheit 451 e gli fa compiere le scelte che lo porteranno fuori. Restiamo inquieti anche noi, osserviamo positivamente le nostre inquietudini, facciamole lavorare, scambiamocele e magari ce la facciamo a produrre un lavoro di gruppo.

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