Quando si parla dell’IS (lo stato islamico) tutto diventa difficile, inestricabile. Da sempre, di fronte a situazioni estreme, più sono estreme e più è difficile mantenere una razionalità di analisi. C’è un brano di Ivo Andric, che citavo una ventina di anni fa nel libro Izbjeglice/Rifugiati, che spiega questo concetto: “Coloro che opprimono e sfruttano i più deboli lo fanno odiando, e rendendo così quello stesso sfruttamento cento volte più duro e più ripugnante e portando le vittime a vagheggiare giustizia e rappresaglie talmente cariche di vendetta, che se mai si realizzassero secondo le loro fantasie, dilanierebbero l’oppresso assieme al tanto odiato oppressore”. Non voglio entrare qui in un dibattito così complesso – o meglio, di fatto ci sto entrando ma cerco di farlo con cautela. Mi limito a segnalare alcune notizie “particolari”, che girano sulla stampa di questi giorni, e riguardano “migliaia di libri al rogo a Mosul”, dove è stato arrestato il proprietario della libreria ‘Generazione araba’, la più antica della città, perché secondo l’accusa vendeva libri cristiani. Su altri giornali si parla del saccheggio della biblioteca centrale, spiegando anche che “Mosul è una delle più antiche città irachene e durante il caos successivo all’invasione americana nel 2003 molti abitanti avevano custodito nelle loro case gli antichi manoscritti della biblioteca per sottrarli agli scontri e ai saccheggi.” Questi saccheggi non sono episodi isolati. Alcuni giorni fa era arrivata la notizia della distruzione recente di un tratto delle antichissime mura di Ninive. Qualche sera fa, nell’iniziativa “Al Rogo, profezia & memoria” avevo citato, molto velocemente, una delle prime distruzioni di libri, quella della biblioteca di tavolette di argilla di Assurbanipal: beh, siamo proprio nella stessa zona, l’antica Ninive si trovava nella zona dove oggi c’è Mosul.
Ma se allarghiamo lo sguardo tutto in una volta, da qui alla storia più antica, potremmo cadere solo nell’autocommiserazione e cioè che così purtroppo è sempre accaduto e, quindi, destinato come automaticamente a ripetersi. Ugualmente, all’opposto, non è il caso nemmeno di appiattirsi solo sul presente. Forse non si tratta soltanto di una “contingenza” politica del presente legata all’Is; ad esempio, sempre in Iraq, possiamo ricordare l’incendio ad opera di vandali e ladri della biblioteca Nazionale, dopo la caduta di Saddam nel 2003, o il saccheggio delle opere d’arte del museo nazionale, quando le truppe d’occupazione giunte lì con la scusa delle armi di distruzione di massa, lasciarono quei siti culturali privi di protezione. Ma qualcuno che non si ferma solo agli anatemi di propaganda contro il nemico di turno, e ricostruisce o tenta di ricostruire, per fortuna, c’è sempre: un piccolo esempio, il progetto La casa dei libri di Baghdad, di Un ponte per…
In un commento sul blog di Articolo 21, sempre sui fatti di questi ultimi giorni, si legge, sì è vero “L’olocausto pubblico delle parole in ogni epoca avviene per mano di chi ritiene i libri pericolosi, ed è effettivamente così, sono un arma infallibile contro i regimi, il fanatismo, la tirannia, le persecuzioni, l’intolleranza, la censura, il male.” L’articolo termina con una citazione di Bertolt Brecht:
Il rogo dei libri
Quando il regime ordinò che in pubblico fossero arsi
i libri di contenuto malefico e per ogni dove
furono i buoi costretti a trascinare
ai roghi carri di libri, un poeta scoprì
– uno di quelli al bando, uno dei meglio – l’elenco
studiando degli inceneriti, sgomento, che i suoi
libri erano stati dimenticati. Corse
al suo scrittoio, alato d’ira
e scrisse ai potenti una lettera.
Bruciatemi!, scrisse di volo, bruciatemi!
Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi fuori! Che forse
la verità non l’ho sempre, nei libri miei, dichiarata? E ora voi
mi trattate come fossi un mentitore! Vi comando:
bruciatemi!